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SCHIAVO
PARTY
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Una
decina di maschi, travestiti da schiavi,
con ai piedi delle ingombranti catene di
plastica del tutto simili a quelle di
ferro, si aggiravano fra i tavoli del
Luminal servendo la cena alle clienti.
Rita,
Marcella, Susanna e io eravamo finite al
Luminal, un circolo Arci ubicato
nell'immediata periferia della città,
sedotte da una locandina affissa a una
parete della mensa aziendale dove siamo
solite consumare il pranzo di
mezzogiorno.
"Schiavi Party". La scritta, a
caratteri cubitali, compariva nella
locandina che i gestori del Luminal si
erano premurati di diffondere in giro
per la città per celebrare la
ricorrenza dell'8 marzo, festa della
donna. Il party, dai connotati
particolari, aveva suscitato in tutte
noi un forte interesse e la voglia di
prendere parte all'insolita serata.
All'ingresso del locale uno schiavo di
pelle nera, nudo sino alla cintola,
munito di pettorali debordanti e un
pacco fra le cosce da fare impressione,
si premurò di consegnarci un cartoncino
pieghevole con su scritto il programma
della serata.
Il menù della
cena era riportato nel frontespizio del
depliant insieme al programma della
serata. Sul retro del pieghevole c'era
stampata una nota storica sulla
ricorrenza della festa della donna, che
ci premurammo di leggere mentre
consegnavamo i cappotti allo schiavo in
servizio dietro il bancone del
guardaroba.
- Non
sapevo che a proporre la data dell'8
marzo come giornata di lotta
internazionale della donna fosse stata
Rosa Luxemburg - disse Susanna.
- Scusate
la mia ignoranza, ma chi è Rosa
Luxemburg? - domandò Marcella.
- Nel
depliant c'è scritto che la giornata
è stata indetta per commemorare la
morte di 129 operaie, arse vive dalle
fiamme appiccicate dal padrone della
fabbrica in cui lavoravano. Quello
stronzo d'uomo le aveva rinchiuse dentro
l'opificio perché chiedevano migliori
condizioni di lavoro - disse Rita. -
Leggete bene il pieghevole, c'è scritto
tutto. E' accaduto a New York
nell'inverno del 1908.
- La
maggioranza della gente preferisce non
ricordarle certe cose. - dissi mentre ci
dirigevamo nel settore del Luminal
destinato per l'occasione a ristorante.
Al primo
degli schiavi che ci venne incontro Rita
consegnò il foglio della prenotazione.
L'uomo ci fece cenno di seguirlo e gli
andammo dietro tutt'e quattro.
- Il
tavolo che avete prenotato è il numero
8. - disse indicandoci un tavolo
circolare, apparecchiato per sei
persone, già occupato da due donne.
Prima di
accomodarci al tavolo effettuammo le
presentazioni con le occasionali ospiti
con cui avemmo dovuto condividere il
tavolo. Una di loro due, Martina,
l'avevo avuta come compagna di liceo e
fui contenta di vederla lì.
Martina
aveva mantenuto intatta la sua naturale
bellezza, anzi si era fatta ancora più
interessante. Scambiammo un doppio bacio
sulle guance, stupite per l'insolito
incontro, dopodiché presi posto accanto
a lei.
Il
ricordo che avevo di Martina era
di una ragazza viziata. Al liceo era la
prima della classe. La più
intelligente. La più bella. La più
ricca. Una che guardava con sussiego chi
come la sottoscritta era figlia di
operai.
Rimasi
stupita nel costatare che era maturata.
Fui rapita dai suoi modi semplici e
dalla straordinaria simpatia che sapeva
comunicare. Cominciammo a conversare
ripercorrendo con la memoria il periodo in
cui frequentavamo il liceo, menzionando
aneddoti di cui eravamo state
protagoniste, ridendo di noi stesse e di
quanto eravamo stupide a quell'età.
- Ti sei
sposata? - le domandai.
- No, e
tu?
- Nemmeno
io.
-
Accidenti! Allora siamo single tutt'e
due, magari siamo rimaste le uniche
della classe a non esserci maritate. Boh!
- Ricordo
che stavi insieme a un ragazzo di nome
Daniele. Tutte le ragazze del liceo
erano pazze di lui. Io compresa. Pensavo
che te lo saresti sposato. Che fine ha
fatto?
- Adesso
fa l'avvocato. La nostra storia è
andata avanti a lungo, quasi cinque anni,
poi ci siamo lasciati.
- Scusa
se te ho parlato, non volevo essere
indiscreta.
- Non
devi dispiacerti, separarsi da una
persona che si è amata può succede a
tutti nella vita. Mentre stavo con
Daniele ho incontrato un uomo che mi ha
stregata. Ho perso la testa per lui e
siamo andati a vivere insieme già dopo
pochi mesi che lo conoscevo. Abbiamo
convissuto sotto lo stesso tetto per
dieci anni.
- E
adesso sei di nuovo sola?
- Sì,
sono sola.
- Mi
spiace.
- Invece
sto bene senza uomini accanto, ci credi?
Il nostro rapporto si era logorato,
ormai non facevamo che litigare e
gettarci delle accuse addosso.
- Lo hai
lasciato tu, oppure ti ha lasciata lui?
- Che
importa? Quando ci siamo lasciati ero
così contenta che non ricordo nemmeno
chi dei due ha preso l'iniziativa di
separarci. Ma parlami di te, piuttosto,
dai.
- Dopo il
liceo ho frequentato la scuola per
infermieri professionali, dopodiché ho
iniziato a lavorare in ospedale. E tu?
Martina
stava per rispondermi ma fu distratta
dall'amica che la chiamò a sé per
indicarle una tipa seduta a un tavolo
poco lontano dal nostro. Quando Martina
si girò un'altra volta verso di me
nemmeno ricordava la domanda che le
avevo posto.
- Cosa ne
pensi degli uomini schiavi? Non li trovi
ridicoli? - disse rivolgendosi a me.
- Gli
uomini sono tutti ridicoli. - dissi.
- Meglio
averli come schiavi e sottomessi
piuttosto che come padroni, non credi?
- Non ho
mai avuto padroni, solo uomini da
scopare.
- Ti
scoperesti uno di questi schiavi?
- Qui
l'ambiente è simpatico, ma non sono di
mio gusto. - risposi imbarazzata.
- Sì,
certo, ma non ti ecciti guardando gli
slip degli schiavi che ci girano d'intorno?
- Eh?
- Non
dirmi che non ci hai fatto caso, eh? -
disse l'amica di Martina indicando con
lo sguardo l'inguine di uno schiavo poco
distante dal nostro tavolo.
- Che
hanno di tanto strano? - chiese Susanna.
- Il
pacco che tengono fra le cosce, vero? -
disse rivolgendosi a Martina.
- E che
altro!
- Lo
hanno troppo grosso per celare un cazzo
vero. E' tutto uno scherzo! Una
messinscena! Ve lo assicuro io che di
cazzi me ne intendo. - disse Rita
stupendo le nostre ospiti per la sua
schiettezza.
- Non
giudicateci male. - dissi rivolgendomi a
Martina e all'amica. - Siamo tutt'e
quattro infermiere e ci capita spesso di
avere a che fare con il cazzo di qualche
paziente, specie quando hanno bisogno di
essere cateterizzati.
-
Cateterizzati? - disse Martina.
- Beh, a
volte siamo costrette a infilargli un
catetere nell'uretra se non sono in
grado di pisciare da soli. - la
illuminai.
Martina
abbozzò un sorriso e io incominciai a
ridere imitata dalle mie amiche. Martina
approfittò del trambusto creatosi per
lasciare cadere la mano sulle mie
ginocchia. Il contatto mi procurò un
certo turbamento che aumentò quando mi
accarezzò, in maniera sfacciata,
infilando la mano fra le mie cosce e
seguitò a farlo a più riprese senza
che mi ritraessi.
Allo
scoccare della mezzanotte i gestori del
Luminal diedero libero accesso agli
uomini in attesa fuori dal locale. La
maggioranza delle donne si precipitò
sulla pista da ballo. Soltanto Martina
ed io ci trattenemmo al tavolo.
- Non ti
va di scatenarti sulla pista da ballo al
ritmo di queste musiche sudamericane? -
disse Martina.
- Non ho
voglia di subire il corteggiamento di
qualche stronzo persuaso che in una
serata come questa ogni donna possa
essere una facile preda da scopare. Di
uomini che mi fanno il filo ne ho anche
troppi, non ho bisogno di andare a
cercarli.
- E donne
che ti sciamano d'intorno ne hai?
Non
rimasi sorpresa dalla sua domanda,
sospettavo che si sarebbe lanciata in
qualche avance e io desideravo ricevere
le sue attenzioni dopo i palpeggiamenti
che avevo subito durante tutta la
serata.
-
Qualcuna c'è. Tu sei una di queste.
Sbaglio?
- In una
sera come questa a noi donne ci è
permesso fare di tutto, non credi? -
disse Martina.
- Ad
esempio? - dissi.
_ Ho
voglia di baciarti, adesso, subito, -
disse guardandomi fissa negli occhi. La
imitai perdendomi con lo sguardo nelle
sue pupille azzurre.
Ero
bagnata fra le cosce e lei sembrò
accorgersene perché m'infilò di nuovo
la mano sotto la gonna, ma stavolta la
fece salire sino al bordo delle
autoreggenti. Non disdegnai le sue
carezze, rimasi inerme a subire le sue
avance trattenendomi dal dire una sola
parola, respirando con affanno per il
piacere che sapeva trasmettermi il tocco
della mano.
-
Andiamo? - disse alzandosi dalla sedia.
Allungò
la mano e la distese nella mia direzione
prendendomi per il braccio. Seguii
dappresso Martina mentre attraversava la
pista da ballo. Quando superò la porta
dei gabinetti riservati alle signore le
andai dietro anche lì.
Ci
ritrovammo una di fronte all'altra in
uno spazio angusto circondate dalle
pareti di un cesso. Un sorriso malizioso
trasparì dalle sue labbra. Accostò la
schiena alla parete e rimase a guardarmi
in attesa che la baciassi. Dalla
scollatura dell'abito scaturivano le
forme delle tette che s'innalzavano e
abbassavano seguendo il ritmo del
respiro.
I
capezzoli sembravano trapassare il
tessuto che li conteneva tanto erano
turgidi e sporgenti. Avvicinai le labbra
alle sue e le sfiorai più volte,
delicatamente, rimanendole distante con
il resto del corpo. Quando mi passò le
braccia attorno ai fianchi e mi attirò
a sé chiusi gli occhi e mi abbandonai
al suo abbraccio. Seguitai a sfiorarle
la bocca con le labbra contenendo la
voglia di penetrarla con la lingua.
Martina lasciò cadere le braccia verso
il basso e mi cinse le natiche con il
palmo delle mani, poi attirò il culo a
sé. Le infilali le dita fra i capelli
scompigliati e le massaggiai la nuca
scuotendola di brividi. Le tirai il capo
all'indietro e la baciai sul collo.
Trascinò il mento da un lato all'altro
per sfuggire ai miei baci. Mentre la
rincorrevo con la bocca le diedi più di
un morso sulla nuca. Entrambe non
riuscivamo a contenere l'eccitazione,
ansimavamo desiderose di essere scopate.
- Quando
la penetrai nella bocca, trapassando con
la lingua la catena dei suoi denti, mi
sentii sollevare da terra e incominciai
a muovermi nell'aria tanto ero eccitata.
Seguitai ad attraversarle la bocca
scopandola con la lingua senza arrestare
per un solo istante la mia azione. Lei
fece altrettanto intrecciando la lingua
con la mia, stimolandola con continue
leccate, sbavando saliva in grande
quantità, esortandomi a titillare la
lingua contro la sua.
Il suo
corpo fremeva di piacere. Seguitai a
baciarla in quel modo con le gambe che
mi tremavano e la figa che mi doleva per
la trepidazione. Attraversai con le mani
l'ampia scollatura dell'abito e
cominciai a carezzarle le tette
prive di reggiseno. Il tocco delle dita
sui capezzoli fecero trasalire Martina.
Incominciò a mugolare e si abbandonò
al piacere che sapevano
trasmetterle quei toccamenti.
Tutt'a un
tratto si disinteressò delle mie
natiche e m'infilò una mano fra le
cosce. Risalì con le dita sino al pube
senza trovare nessun'altra protezione se
non la pelliccia dei miei peli.
- Sei
nuda sotto? - mi chiese con voce
tremula.
- Sì.
- Lo hai
fatto apposta in occasione di questa
sera?
- Non le
indosso mai.
- La
risposta sembrò eccitarla ancora di
più. Raggiunse con le dita le grandi
labbra della figa e comincio a
carezzarle. La imitai e trascinai le
dita sotto l'esile perizoma che le
proteggeva la figa. Martina ebbe un
sussulto quando la penetrai con un dito.
La passera era satura di umore come la
mia. Cominciammo a masturbarci a vicenda
senza smettere un solo istante di
baciarci, spargendo una grande quantità
di saliva sui nostri visi.
Tutt'a un
tratto mi afferrò il capo e lo sospinse
verso il basso obbligandomi a
inginocchiarmi davanti a lei. Le
abbassai il perizoma sino ai piedi e
glielo tolsi facendolo passare
attraverso le caviglie. Le sollevai la
veste e Martina fu lesta ad allargare le
gambe. M'incuneai con le guance fra le
sue cosce e raggiunsi l'apertura della
figa con la bocca. Cominciai a leccarla
mantenendo le braccia appese ai suoi
fianchi tenendole sollevata la veste.
Dalla
bocca di Marina uscirono dei sibili
accompagnati da tremori alle gambe.
Quando capii che era prossima
all'orgasmo accostai le labbra alla
sporgenza carnosa del clitoride e
cominciai a succhiarlo.
Lo aveva
turgido e generoso di lunghezza. Non
rimasi delusa, mi abbandonai a
succhiarlo ansiosa di condurla
all'orgasmo. Nell'istante in cui le
diedi un morso sulla coscia le sue gambe
cominciarono a flettersi e prese a
parlare.
- Mi fai
godere.
S'inarco
con la schiena e le gambe cominciarono
di nuovo a tremarle. Seguitai a
succhiare la sporgenza di carne
erettile, simile a un cece, che le
spuntava dalle labbra della figa e
glielo spompinai fintanto che cominciò
a urlare.
-
Bata! Basta! Ti supplico, basta! Mi fai
morire.
La
sua implorazione mi eccitò ancora di
più. Diedi maggiore impulso al
movimento delle labbra e le succhiai il
clitoride fintanto che si accasciò col
culo sul pavimento mettendo fine
all'orgasmo.
E'
trascorso più di un mese dalla serata
del Luminal. Martina ed io c'incontriamo
almeno un paio di sere alla settimana.
Non so quanto tempo potrà durare
la libagione dei nostri corpi, sto bene
in sua compagnia e questo mi basta.
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