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PERCORSI
D'AMORE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
notte con le sue insegne luminose si
apre davanti ai miei occhi come uno
splendido arcobaleno. Le vado incontro con
la dannata voglia di scopare che mi
porto addosso. Sono parecchio su di giri
ed è tutto merito delle compresse di
ecstasy che ho ingurgitato prima di
mettermi alla guida del Maggiolone
cabriolet.
I fari delle vetture mi
vengono incontro e mi martellano i
neuroni del cervello infastidendomi non
poco. L'unica cosa che so fare è quella
di
sognare a occhi aperti. Mi succede
troppo spesso e anche stasera non so
farne a meno.
Ho trentacinque anni e nel corso della mia vita
ho assistito più a decessi che a
matrimoni. Da
quindici lavoro in ospedale come
infermiera e ho la morte nel cuore. Ho un dannato bisogno di
sognare, perché i sogni sono dolci
illusioni in cui mi piace cullarmi se
voglio sopravvivere in questa città
ricca soltanto di apparenza e niente di
più.
A quest'ora della notte
Parma è un territorio urbano in calore,
infatti, sono centinaia o forse migliaia
le automobili che si muovono per i viali
delle circonvallazioni con alla guida
animali notturni alla ricerca di figa o
cazzi da succhiare.
A quest'ora della notte dovrei
essere sotto le
lenzuola, scaldandomi al tepore di una
trapunta di piumino e dormire, invece seguito a girovagare per
i viali della periferia senza una meta
precisa, indecisa se proseguire in
questo nomadismo notturno oppure recarmi
al più presto a casa di Annalisa che sta
ad aspettarmi dopo che le ho promesso
che le avrei fatto visita.
Passo attraverso un
quartiere di fatiscenti case popolari
prima di immettermi sulla Via Emilia e
riprendere questo nomadismo notturno
verso l'abitazione di Annalisa.
All'incrocio con la strada statale che
conduce a Reggio Emilia scorgo un gruppo
di extracomunitari, facilmente percepibili
per la pelle
nera, affaccendati a scolare lattine di
birra attorno a un falò. Li lascio al
loro destino e proseguo nella mia corsa
notturna.
D'improvviso la sagoma di
una donna mi attraversa la strada.
Innesco la luce degli abbaglianti e i
fari illuminano una presenza femminile
che prosegue nella corsa e raggiunge il
marciapiede.
Gonna corta, pelliccia
leopardata, borsetta tracolla, calza delle zeppe alte quattro dita.
Non ho alcun dubbio sulla sua identità.
Probabilmente è una puttana, penso.
Seguo i suoi movimenti
nello specchietto retrovisore e mi
avvedo che è ferma sotto un
lampione.
Eseguo una manovra a U e mi
porto dall'altra parte del viale.
Arresto la vettura a ridosso del cordolo
del marciapiede, alla distanza di una
ventina di metri dalla prostituta in
attesa di clienti, poi spengo il motore
dell'automobile.
Dalla borsetta estraggo un
pacchetto di Marlboro e ne sfilo una.
Lascio scendere il vetro della portiera
alla mia sinistra e l'aria fredda della
notte penetra nell'abitacolo. Accendo la
sigaretta e fisso lo sguardo sulla
prostituta che staziona sotto il
lampione.
Aspiro il fumo della
sigaretta e lo indirizzo fuori dal
finestrino semiabbassato. Sono confusa,
irrequieta, con la figa che mi duole per
l'eccitazione. Ho tanta voglia di
scopare. Vorrei scendere dalla macchina
e avvicinare la prostituta, ma ne sono
impedita dal nervosismo che mi porto
addosso, eppure non è la prima volta
che faccio sesso con una puttana, anche se è
difficile convincerle.
L'ultima volta che ho
scopato con una di loro è accaduto un
mese fa. In quella occasione ho
abbordato una slava che batteva il
marciapiede davanti all'ex cinema Odeon
in Viale Piacenza.
Quando le ho proposto di
fare sesso con la sottoscritta non ha voluto saperne di salire
sulla macchina, anzi mi ha minacciata di
prendere a calci il cabriolet. Ma quando
l'ho informata che l'avrei retribuita con tre biglietti da cento
euro mi ha seguita senza fare troppe
storie.
- Voglio essere pagata in
anticipo. - ha detto mentre prendeva
posto sul sedile della macchina.
- Sì, certo.
Le ho allungato tre
biglietti da cento euro che subito ha
arraffato e nascosto nella borsetta.
Abbiamo trovato rifugio nel
parcheggio antistante il Centro Sportivo
Stuard, sulla Via Emilia, distante un
paio di chilometri dal marciapiede dove
l'avevo fatta salire in macchina.
Dentro l'abitacolo della
cabriolet si è sdraiata sul sedile che
mi ero premurata di ribaltare. Le ho
chiesto di togliersi gonna e mutande e
lei ha ubbidito liberandosi degli abiti,
cacciandoli nel sedile posteriore.
- Che vuoi che ti faccia? -
Si è affrettata a chiedere.
- Nulla, faccio tutto io.
Non ti preoccupare. - Le ho detto, e così
è stato.
Nella notte buia il
chiarore della luna rischiarava il
giovane corpo della mia ospite facendolo
sembrare più desiderabile di quanto non
lo fosse.
Possedeva tette da sballo,
molto più grosse e sode delle mie. Ho
affondato la bocca sui capezzoli e ho
cominciato a succhiarli grattando le
estremità con la lingua.
La pelle sudaticcia odorava
di fetido come speravo che fosse.
Leccandole l'addome mi è venuto
spontaneo pensare a tutti gli uomini che
l'avevano posseduta quella sera e la
cosa mi ha eccitata parecchio.
Le ho spalancato le gambe,
dopodiché ho abbassato la lingua sulla
figa. Aveva un sapore rozzo, di sudore
raffermo. Le ho succhiato il clitoride
facendolo diventare gonfio e duro come
il mio.
Non so se lei ha goduto
oppure no, io sì, perché mentre glielo
succhiavo ho ficcato le dita fra le
mutande e mi sono masturbata.
Sono giunta all'orgasmo in
breve tempo, spompinandole il clitoride
e masturbandomi, stupendo non poco la
mia occasionale compagna.
Quando l'ho fatta scendere
sul marciapiede dove l'avevo prelevata
non ha voluto rivolgermi il saluto. Mi
ha voltato le spalle ed ha ripreso a
battere, la troia.
Accendo un'altra sigaretta,
la terza da quando ho accostato il
cabriolet al marciapiede. Prima di
prendere una qualsiasi decisione voglio
soppesare la situazione in cui sto per
andare a cacciarmi.
I miei pensieri oscillano
fra Annalisa, cui ho promesso di farle
visita stanotte, e la puttana che
staziona sotto il lampione. Decido di
mettere a profitto quest'ultima
opportunità e scendo dal cabriolet.
Il freddo di un inverno
precoce mi sferza il viso gelandomi la
pelle. Avanzo sul marciapiede reso
viscido dalla pioggia preoccupata di non
mettere i piedi dentro una delle
pozzanghere che ricoprono il selciato.
Mentre cammino nella
direzione del lampione ho la figa che ha
voglia di fare le capriole per la troppa
eccitazione. Mi consumo dal desiderio di
scopare e ancora non ho iniziato a
farlo. Il cuore sembra uscirmi dal petto
per l'emozione. Vorrei seguitare a
vivere all'infinito questi momenti tanta
è grande l'eccitazione che mi porto addosso.
Quando sono a cinque, sei
metri, dalla prostituta riesco a
scorgere la maschera del viso della
puttana. Dimostra una cinquantina di
anni ed è brutta da fare paura.
Indossa una pelliccia
leopardata che mantiene aperta sul
davanti. Ha un foulard di seta annodato
intorno al collo con i lembi infilati
sotto il colletto della camicetta.
- Cazzo c'hai da guardarmi
in quel modo?
E' una voce maschile quella
che esce dalle sue labbra.
- Niente... Niente.
Non trovo il coraggio di
dirle altro. L'esaltazione emotiva che
ha preceduto l'abboccamento si è
esaurita in un lampo e ha lasciato posto
a una profonda delusione. Proseguo per
una breve tratto di marciapiede, poi
faccio dietro front e ritorno sui miei
passi.
- Ancora qui? Ma allora ce
l'hai con me, eh?
Stavolta non le rispondo e
proseguo nella direzione del cabriolet
parcheggiato a lato del marciapiede.
Poco dopo raggiungo Viale Partigiani
d'Italia e attraverso il ponte sul
torrente. Ancora non mi è passata la
voglia di scopare, anzi!
E' mezzanotte quando
parcheggio il Maggiolone davanti
all'abitazione di Annalisa. Lei mi
accoglie sulla porta di casa vestita con
un paio di jeans elasticizzati e un
bustier che le fa da reggiseno e
canottiera. Strano abbigliamento il suo,
a quest'ora della notte, ma non ne sono
stupita conoscendola.
- Scusami per il ritardo.
- Oramai non ci speravo più,
buon per te che mi sono persa a guardare
un film alla tivù altrimenti sarei
andata a dormire da un pezzo.
Potevi telefonare e avvisarmi, no?
- Beh, mi sono attardata a
bere qualche bicchiere di birra in
compagnia di amici e ho fatto tardi, sai
bene come vanno a finire queste cose.
Una birra tira l'altra e ho perso la
nozione del tempo.
- No, non lo so.
- Accidenti a te! Dai vieni
qua.
Avvicino la bocca alla sua
e ci baciamo a lungo affogando le lingue
nella bocca dell'altra come piace fare a noi.
La sento gemere e sbavare
nella mia bocca come se fosse sua
intenzione aspirarmi via l'anima.
Con una mano mi solleva la
gonna e mi accarezza l'interno coscia.
Allargo le gambe, lascio che mi abbassi
le mutandine, e le faccio gustare la
silhouette della figa. La nudità del
bagnato che coglie fra le cosce la
induce a intingere le dita nella
fessura. Quando le ritrae le avvicina
alle mie labbra e le tinge con il
liquido dei miei sensi.
Poco dopo mi ritrovo nuda,
sul tappeto del salotto, con Annalisa
che mi sta appiccicata contro. Colgo la
morbidezza della sua pelle, ma
soprattutto godo della vista della
piccola cavità che sta al centro delle
cosce prive di peli come lo è anche la
mia figa.
Ho voglia di toccargliela,
ma è lesta a prendere l'iniziativa
ammagliandomi con delle carezze. Mi
morde i capezzoli dopo averli
solleticati con la punta della lingua.
Le sue dita scivolano nella fessura
della mia figa e l'accarezzano senza
penetrarmi.
- Masturbati. - ordina.
Poche altre volte mi ha
obbligato a farlo, dice che se una donna
è in grado di darsi piacere da sola non
dovrà mai dipendere dagli altri e
nessuno potrà influenzarla. Le
credo perché so che è vero, ma non
voglio dirle che la figa l'ho consumata
toccandomi fino a stare male prima di
conoscere lei.
Mi masturbo il clitoride a
occhi chiusi come piace ad Annalisa.
Detergo la figa di saliva certa che la
mia compagna mi sta osservando mentre
passo le dita sulla sporgenza erettile.
Più a lungo porterò avanti lo
fregamento e più le darò piacere.
Afferro la sua mano e la
deposito sulla mia vagina, supplicandola
di toccarmi. Annalisa, per niente
docile, mi divarica le cosce e si getta
a capofitto sul clitoride inglobandolo
fra le labbra, poi incomincia a
succhiarlo provocandomi ripetute scosse
di piacere.
Godo! Madonna se godo!
Annalisa lo intuisce dai
gemiti che escono dalle mie labbra e dal
tremore inconsulto delle gambe. Mi
introduce due dita nella vagina, le
allarga come fossero le lame incrociate
delle forbici, e mi scopa dolcemente
senza mai staccare la bocca dal
clitoride, succhiandolo da gran
puttana.
La vagina si contrae ed
estende più volte infradiciandomi le
cosce. Chiudo gli occhi e mi abbandono
alle grazie della mia compagna mentre
fremo sul tappeto con il resto del
corpo. Vengo più volte e le gambe mi
vanno in liquefazione. Non le sento più.
Quando Annalisa solleva il
capo la sua bocca brilla dei succhi
della mia passera. La bacio e la sua
lingua attraversa le mie labbra
deliziandomi della ricchezza del mio
umore.
Quando mi sveglio l'alba è
spuntata da poco. Annalisa è
addormentata sul letto accanto a me.
Poco dopo sono in strada. Attraverso la
città vuota e prendo di nuovo servizio
in ospedale.
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