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SIAMO TUTTE LESBICHE
DORMIENTI?
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Il
cielo plumbeo rende funereo il paesaggio
urbano intorno alla mia persona. La
mattinata, nata sotto cattivi auspici,
sembra non promettere niente di buono
nel proseguo della giornata. Lascio alle
mie spalle il serpentone di automobili e
mezzi pubblici, in coda lungo Via
D’Azeglio, e mi affaccio in Vicolo S.
Maria determinata a raggiungere la
Biblioteca Civica dove ho appuntamento
con Francesca.
Dagli intonaci scrostati delle
fatiscenti mura delle case, ma anche dal
lastricato di sampietrini che
caratterizzano il selciato, sono
investita da un miasma virulento di
piscio che mi lascia senza respiro.
Quello
che sono costretta a sorbirmi, mentre
cammino nel vicolo, è una combinazione
di odori da mozzare il fiato a qualunque
persona. Una puzza cui, dopo tanti anni,
non sono riuscita ancora a farci
l’abitudine, al pari degli studenti
costretti ad attraversare il vicolo per
raggiungere le aule universitarie di Via
Kennedy.
Oltrepasso il
cancello di ferro battuto che dal vicolo
conduce, attraverso un corridoio a
volta, in uno dei cortili del complesso
monumentale dell’Ospedale Vecchio e mi
dirigo verso l'ingresso della Biblioteca
Civica.
Le
mie compagne di università seguitano a
ripetermi che dovrei cambiare le mie
abitudini e frequentare la vicina
biblioteca universitaria dei Paolotti,
da poco reintegrata a uso pubblico dopo
la ristrutturazione, ma non mi va di
abbandonare la Biblioteca Civica a cui
mi sento legata per diversi motivi. Qui
ci sto bene, e poi dove potrei trovare
persone così diverse una dall'altra in
questa città? Sto imparando a
osservare, ascoltare e amare
quest’oasi di tranquillità che,
abbandonata al degrado per molti anni
dagli amministratori pubblici, ai più dà
il voltastomaco, ma siamo in tanti ad
amarla così com’è.
Raggiungo
il primo piano dell’edificio
monumentale che ospita la biblioteca
comunale e metto piede nella stanza dove
trovano posto i testi di storia e
letteratura parmigiana. E' un ambiente
poco ambito dagli studenti perché
troppo vicino alla postazione dei
bibliotecari e quindi disturbata dal
continuo chiacchiericcio. Sistemo lo
zainetto con i libri che mi sono portata
appresso su uno dei due tavoli, dopodiché
levo l’eskimo e lo ripongo
sull’attaccapanni. Sistemo matite,
biro, ed evidenziatori sul piano del
tavolo, insieme a un block notes dove
prendere appunti. Mi metto a sedere ed
estraggo dallo zainetto un paio di testi
di oncologia clinica su cui sto
preparando un esame universitario. Di
fronte a me, dall’altra parte del
tavolo che prevede quatto postazioni,
sistemo un quaderno in modo che il posto
risulti occupato, in attesa che
Francesca, con cui ho appuntamento, mi
raggiunga.
Ho
una disposizione abitudinaria verso le
scelte che conduco giornalmente tipica
delle persone timide, anche se quello
che do a intendere è di una ragazza
estroversa, sennonché ho il caos dentro
di me. In effetti sono una donna
irrequieta cronica che ha bisogno di
trovare un po' di pace e anche molto
equilibrio per stare bene.
Il sesso mi sta
consumando giorno dopo giorno per la
voglia che ho di fare mia Francesca, ma
disgraziatamente quello che provo per
lei è un amore impossibile perché è
innamorata persa di Fabrizio, il suo
ragazzo.
Francesca non si è
nemmeno accorta che sono pazza d'amore
per lei. E' probabile che scambi le mie
dimostrazioni di affetto per una
profonda amicizia e niente di più. Ma
non penso che questa situazione, per il
momento avversa, possa modificarsi nel
tempo. Perseverare nei miei intenti,
auspicando che possa cambiare, correndo
il rischio che mi sgami, lo devo evitare
a tutti costi perché se non la posso
avere tutta per me perlomeno voglio
mantenere intatta la nostra amicizia.
Da un po’ di tempo
soffro di insonnia e ho scarso appetito,
tanto che sono arrivata a perdere tre
chili nell’ultimo mese; ed è
parecchio per una ragazza alta un metro
e settanta che pesava cinquanta chili.
In ogni caso Francesca dovrebbe essersi
accorta dei miei sbalzi d’umore, anche
se non ha compreso che la causa del mio
stato di sofferenza è lei, solo lei, e
non me lo ha dato a intendere.
Francesca
è la mia ossessione. Idealizzarla ha
reso sempre più forte il nostro legame,
infatti, sono arrivata a prendere
coscienza di essere dominata dalla sua
presenza nella mia vita, e la cosa mi fa
paura. Quello che devo fare al più
presto è togliermela dalla testa e
applicarmi nello studio anche dodici ore
al giorno per non pensare a lei. Fra un
mese dovrò sostenere un paio di esami e
voglio, ad ogni costo, conseguire il
massimo dei voti come è accaduto nelle
prove d’esame che ho sostenuto sino ad
ora: persino all’esame di anatomia
umana, considerato dai miei compagni di
facoltà un macigno quasi
insormontabile, tanto che per prepararlo
mi ci sono dedicata notte e giorno per
più di sei mesi, sono riuscita a
superarlo ottenendo il massimo dei voti.
Quello
che provo per Francesca è un amore
impossibile, un amore struggente che non
mi dà pace e mi fa soffrire. Sono tante
le storie di amori travagliati come il
mio che hanno riempito le pagine di
romanzi famosi, e sviluppano la loro
trama su persone destinate a non stare
mai insieme. Purtroppo nella vita reale
non succede come nei libri di Harmony o
nelle telenovela dove gli amori
contrastati finiscono con la famosa
frase “...e vissero felici e
contenti”.
So bene che non tutti
gli amori sono possibili, ma per quanto
riguarda il rapporto che ho con Francesca non voglio
assolutamente cessare di amarla, anche
se farei bene a rinunciarci perché mi sono convinta che è
irraggiungibile.
Dalle precedenti esperienze
amorose ho imparato che farei bene a
togliermi dalla mente Francesca, ma
tutto sembra svanire quando sono in sua
compagnia perché emozioni e sentimenti
s’impadroniscono di me. Troppo spesso
lascio che la razionalità lasci posto
all’impulsività e all’illusione che
modella la realtà facendola
assomigliare ai miei desideri. Ed è un
grave errore.
Quello
che provo per Francesca è un amore
senza futuro che mi distrugge giorno
dopo giorno. Non riesco a starle lontana
e la cosa produce sulla mia persona una
immane sofferenza. Eppure sono convinta
che sto percorrendo la strada migliore
anche se il mio cuore seguita ad essere
ferito tutti i giorni, specie quando mi
parla di Fabrizio, il suo ragazzo, e
insiste a volermi descrivere nei minimi
particolari i diversi modi in cui fanno
l’amore, chiedendomi persino dei
consigli. Dovrei allontanarmi da lei e
farlo al più presto, ma non riesco a
soffocare l'amore che provo nei suoi
confronti pur essendo conscia che quella
che provo è una attrazione fatale, che
potrebbe avere conseguenze catastrofiche
sulla mia psiche.
Poso
lo sguardo sul quadrante dell’orologio
che indosso al polso. Le lancette indicano
che le 10.00 sono passate da una decina
di minuti e Francesca non si è ancora
fatta vedere. Le sedie intorno ai due
tavoli della stanza sono tutte occupate
meno una, ed è là dove mi sono
premurata di posarci sopra un quaderno
per indicare che la postazione è
occupata. Sono stufa di rispondere in
maniera ambigua alle persone che,
affacciandosi nella stanza, chiedono se
la postazione dove ho appoggiato il
quaderno è libera.
Quando
sono lontana da Francesca sento crescere
l’ansia, ma sono conscia che solo con
il suo amore potrei annullarla. Il mio
è un malessere che se portato
all’estremo potrebbe finire per
sconvolgermi la vita e condurmi alla
malattia mentale, però sono disposta a
correre questo rischio, seguitando ad
amarla, costi quello che costi!
-
E’ questo il mio posto?
Giro
lo sguardo alle mie spalle e scorgo
Francesca. Ha il volto tirato come se
avesse appena pianto. Non sono abituata
a vederla in questo stato, lei che di
solito è gioviale e impertinente, e mi
chiedo cosa può esserle accaduto.
-
Sì, dai, accomodati. - dico a voce
bassa per non disturbare gli altri
studiosi seduti intorno al tavolo.
Francesca,
impeccabile nella sua tenuta, si libera
del giubbotto Moncler e lo sistema sullo
schienale della sedia che va a occupare
proprio di fronte a me. Mi restituisce
il quaderno di cui mi sono servita per
tenerle occupato il posto, e dalla borsa
che si è premurata di sistemare sul
pavimento estrae un paio di libri e li
colloca sul piano del tavolo. Effettua
queste azioni senza guardare nella mia
direzione. La cosa mi infastidisce perché
vorrei vederla più attenta verso la mia
persona dal momento che le ho tenuto
occupato il posto sino a ora.
-
C’è qualcosa che non Va? - dico a
bassa voce sporgendomi col capo in
avanti sul tavolo.
Francesca
mi guarda e con un gesto del capo mi fa
cenno di no. Eppure mi è abbastanza
chiaro che qualcosa nel suo stato non mi
torna, allora insisto.
-
Con me puoi parlare…
Francesca
solleva il capo dalla pagina del libro
che ha posizionato sul piano del tavolo
e guarda verso me. Dalla bocca non le
esce una parola, ma dagli occhi
arrossati si fa largo più di una
lacrima. Si alza in piedi ed esce dalla
stanza e io le vado dietro.
La raggiungo nel
corridoio mentre sta per raggiungere i
bagni. L'afferro per un braccio e lei
arresta il passo. Si gira verso di me e
ci abbracciamo. E’ la prima volta che
succede da quando ci conosciamo. Avverto
sul petto il contatto con i suoi seni e
la cosa mi suscita una forte emozione.
Le accarezzo i capelli amorevolmente
mentre lei si stringe forte a me e mi
circonda il capo con tutte due le
braccia.
Posso
offrirle tutte le attenzioni e
l’affetto di cui ha bisogno, ed è
questo il motivo per cui la sollecito ad
abbandonare la biblioteca per parlare in
un posto diverso da questo. Gradisce la
mia proposta e facciamo ritorno nella
stanza dove abbiamo lasciato i nostri
libri.
Indosso
l’eskimo sopra jeans e il maglione
slabbrato e consunto, dall’effetto
vintage, che porto addosso, e lei fa lo
stesso indossando il Moncler giallo
canarino sopra una gonna cortissima che
a malapena le nasconde lo slip. Usciamo
dalla biblioteca e, dopo che ha
rifiutato la proposta di trovare rifugio
in uno dei pub o caffetterie di cui è
piena Via D’Azeglio, prendiamo la
direzione del vicino Parco Ducale,
distante soltanto un centinaio di metri.
Camminiamo
in silenzio, affiancate una all’altra
sul marciapiede che costeggia le mura
fortificate del Parco Ducale, fintanto
che non posso esimermi dall’invitarla
a vuotare il sacco.
-
Beh, posso sapere cosa ti tormenta o
sono troppo indiscreta?
Francesca
accelera il passo. La rincorro e mi
rimetto al suo fianco.
-
Allora? - dico sollecitandole una
risposta.
-
E’ capitato che Fabrizio mi ha
lasciata.
-
Ah.
-
Ha un’altra.
-
Merda!
-
E come sei venuta a saperlo? Te lo ha
confessato lui?
-
L’ho scoperto leggendo i messaggi
nella memoria del suo cellulare mentre
era in bagno dopo che avevamo appena
fatto l’amore. Se mi sono presa la
briga di ficcare il naso nel cellulare
è perché avevo subodorato qualcosa di
poco chiaro nei suoi atteggiamenti verso
la mia persona. Messo alle strette,
senza troppo scomporsi, ha confessato di
avere una relazione con un’altra
ragazza e questa ammissione mi ha
lasciato senza parole. E adesso sto male
perché mi ha lasciato, anzi mi ha
ucciso! - urla con tono melodrammatico.
-
Che porco! - dico mentre, superata la
cancellata che immette nel parco, ci
addentriamo in uno dei viali che
caratterizzano questo territorio verde.
Istintivamente mi trovo a prenderle una
mano e la stringo forte alla mia mentre
proseguiamo a camminare nel deserto di
persone.
-
Tu non stai male perché Fabrizio ti ha
abbandonata. Stai male perché in tutti
questi mesi di sua frequentazione hai
seguitato a farti dei film per la mente,
mentre la realtà era ben diversa. Lo
capisci questo?
Francesca
scuote il capo e sembra volere rigettare
le mie parole. Non è la prima batosta
che prende dagli uomini e ancora non ci
ha fatto il callo, ma crede ancora nel
Principe Azzurro che viene a rapirla e
se la porta via, lontano.
-
Devi persuaderti che quello che c'è
stato fra te e Fabrizio oramai è morto,
sepolto, anzi non c’è più, mentre ciò
che conta davvero è quello che succederà
da adesso in avanti. Hai capito?
-
Tu la fai facile. Dire che il passato è
morto e non conta più niente è
piuttosto complicato.
-
Sai cosa c’è di vero adesso nella tua
storia con Fabrizio?
-
Dimmelo dai…
-
La tua rabbia! E siccome è vera prova a
considerarla come una cosa positiva.
-
Cioè?
-
La tua rabbia è una energia nuova che
è nata in te nel momento
dell’abbandono e devi essere capace di
farne un buon uso. Non devi ostinarti a
ricamarci sopra, ma scaccia Fabrizio
dalla tua mente perché se ti ha
lasciata per mettersi con un altra donna
ci saranno delle ragioni. Forse non sei
stata capace di fargli perdere la testa.
E se ti ha lasciata è perché non gli
piaci abbastanza e a te ha preferito
un’altra. Sono stata chiara?
-
Sì.
Francesca
arresta il passo, mi abbraccia, e si
scioglie in lacrime. Ci ritroviamo
strette una all'altra, guancia contro
guancia, ferme lungo un sentiero
sterrato del parco, lontano da sguardi
indiscreti. Le accarezzo amorevolmente i
capelli mentre la sento rabbrividire.
Tutt’a un tratto mi faccio coraggio e
decido che è il momento giusto per
dirle quello che provo per lei.
-
L’abbandono ha fatto in modo che tu
conoscessi una parte di te stessa ancora
inesplorata. Ma adesso devi essere
pronta quando qualcuno verrà a cercati,
perché quello che c'è stato fra te e
lui ora non ha più importanza.
-
Non hai idea del dolore che provo.
Istintivamente
avvicino le labbra alla sua fronte e
gliela bacio a dimostrazione del mio
affetto. Mentre le stiro all’indietro
i capelli strofino il naso contro il suo
e non dimentico di sorriderle. Lei mi
guarda dritta nel volto e non dice una
sola parola. Rimaniamo a specchiarci
negli occhi dell’altra fintanto che mi
faccio coraggio e avvicino la bocca alla
sua.
Manteniamo
le labbra appoggiate l’una
sull’altra e iniziamo a condividere la
nostra respirazione. E’ un atto di
affetto estremamente eccitante quello
che ci scambiamo e crea la condizione
per spingermi oltre. La bacio
delicatamente sfiorendole le labbra
rosse fuoco. Bacio che stuzzica il mio
piacere e mi provoca più di un brivido
alla schiena. Francesca non si ritrae e
lascia che seguiti a seminarla di baci.
Mantiene le braccia allacciate intorno
al mio collo e non si ritrae, allora mi
faccio più sfacciata. La penetro con la
lingua dentro la bocca e ne assaporo il
gusto caldo e mielato.
Sono
conscia che questo modo di fare
spregiudicato potrebbe causarmi un mare
di guai e portarmi alla perdita della
sua amicizia, ma in questo momento non
m’importa granché perché quello che
avverto è un bisogno viscerale di farle
capire quanto l’amo e desidero
prendere possesso del suo corpo.
Il suo respiro è
trafelato, rantola e io desidero
respirare tutto il fiato della sua vita.
Mi prende una dannata voglia di morderle
le labbra e seguitare a farlo
esplorandole tutta la bocca con dei
morsi in più punti e lo faccio.
Mi
lancio in un bacio con risucchio. Le
mordo il labbro superiore e subito dopo
faccio lo stesso con quello inferiore
mentre lei mi lascia fare senza
contraccambiare il mio gesto. Le infilo
la lingua sino al fondo della bocca, e
stavolta mi contraccambia intrecciandola
con la sua. Ci succhiamo la punta della
lingua a turno scambiandoci i ruoli
godendo del piacere che sappiamo darci
con i nostri baci.
Ormai
abbiamo raggiunto una certa comunanza e
incominciamo a toccarci reciprocamente.
Spingo Francesca contro la corteccia di
una quercia alle sue spalle. Seguitiamo
a baciarci stavolta con la bocca aperta
risucchiandoci a vicenda l’aria in
maniera così forte da creare qualcosa
di molto simile al sottovuoto nelle
nostre bocche.
Divento
sfacciata. Le infilo la mano fra le
cosce e gliele faccio aprire. Mi faccio
largo fra il tessuto delle mutandine, la
tocco intimamente e avverto ciò che
avevo immaginato. Ha la figa calda e
liscia e piena di umori. Le accarezzo il
clitoride e insisto a farlo con molta
delicatezza accompagnando il gesto con
baci colmi di saliva. Francesca non
potendo fare altrettanto, perché
indosso i jeans, mi infila entrambe le
mani sotto il maglione e le appoggia
sulle tette. Si fa largo con le dita
sotto il reggiseno sino a quando riesce
a sollevarlo. Circuisce entrambi i
capezzoli e li pizzica ripetutamente.
Smettiamo di baciarci e i rantoli di
piacere che escono dalla nostre bocche
sono una musica che non stona nella
quiete del parco. Guancia contro guancia
,senza guardarci in volto, seguitiamo a
esplorare ognuna il corpo dell'altra
offrendoci un reciproco piacere.
La
penetro con un dito nella vagina e la
masturbo. Francesca inarca la schiena
contro l’albero alle sue spalle e
tende i muscoli del corpo soggiogata da
queste mie amorevolezze. Geme per
l’eccitazione e scoppia in un tremore
che la sconquassa da capo a piedi mentre
viene di un orgasmo violento.
Alcune
gocce di pioggia cadono sulle nostre
teste avvisaglia di un imminente
temporale. Francesca profuma di sguardi
peccaminosi, ma non dice una parola.
E’ rabbonita e mi passa le dita fra i
capelli, poi mi prende per mano e di
comune accordo facciamo ritorno in
biblioteca per riprendere a studiare.
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