CARTOMANTE DEL CUORE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
 
- Pronto.
   - Ciao! Sono Farfallina.
   - Finalmente! E' da mezz'ora che cerco di mettermi in contatto con te. Ogni volta che componevo questo numero di telefono mi rispondevano altre ragazze, invece ho voglia di parlare con te, solo con te, le altre non le sopporto proprio. Tu sei l'unica che riesce a capirmi, sei la mia Farfallina.
   - Se non ho risposto è perché ero impegnata al telefono con un altro cliente. Pazienza! Ci vuole pazienza! Devi aspettare che si liberi la linea telefonica, ormai dovresti saperlo, no?
   - Stasera sono di umore nero. Quello di cui ho bisogno è scopare con una donna.
   - Sei già a letto?
   - A letto? No, sono seduto sul divano. Prova a indovinare cosa stringo nella mano?
   - L'uccello.
   - Ti piacerebbe averlo fra le cosce?
   - Certo che mi piacerebbe, maiale che non sei altro! Al pensiero di poterlo stringere nella fica l'ho già tutta bagnata. Chissà come l'avrai grosso il tuo arnese, eh! Sbaglio se dico che lo hai lungo venti centimetri o forse anche di più?
   - Non sbagli, affatto, ho un gingillo di carne da fare invidia persino a Rocco Siffredi!
   - Cazzo! Ma lo sai che mi hai fatto venire voglia di scoparti. Dal momento che non sei qui con me dovrò arrangiarmi da sola con le dita o con qualunque altro oggetto che ho a portata di mano.
   - Sì, dai, masturbati! Dimmi che sono bravo a farti godere, eh?
   - Facciamolo insieme. Io con due dita infilate nella vagina e tu toccandoti l'uccello. Ti va?
   - Sì... sì... godiamo insieme.

   Da circa un mese, terminato il turno di lavoro in ospedale, dedico gran parte del tempo libero prestando servizio come telefonista presso una agenzia telefonica di cartomanzia. Il mio compito consiste nell'intrattenere a lungo i clienti al telefono assecondando le loro fantasie erotiche.
   Nel mio piccolo cerco di alleviare le loro pene ascoltando le confidenze, elargendo consigli a chi me li chiede, conducendoli all'orgasmo con discorsi eccitanti mentre si masturbano.
   Sono pagata a percentuale, in base al tempo che i clienti restano collegati alla linea telefonica. Con il prefisso 166 possono rimanere collegati fino a otto minuti al prezzo di circa due euro ogni minuto, mentre con il 144 la telefonata può durare al massimo quindici minuti.
   Nello spazio di quattro ore di lavoro riesco a racimolare dai cinquanta ai cento euro, in nero, e la cosa mi sta bene. Il call-center dove pratico l'attività di finta chiromante è ubicato al terzo piano di un vecchio stabile, in prossimità dell'ospedale. Un tavolo, cinque ragazze e altrettanti apparecchi telefoni, è quanto può ospitare la stanza.
   Le mie compagne di lavoro sono perlopiù studentesse universitarie. Lo fanno per guadagnare il denaro necessario per mantenersi agli studi e per non essere a totale carico delle famiglie. Anch'io ho necessità di guadagnare denaro, infatti, lo stipendio da infermiera mi è appena sufficiente per pagare le rate del mutuo dell'appartamento di 75 mq. che ho acquistato l'estate scorsa. Senza l'impiego da cartomante sarei costretta ad arrangiarmi in altro modo per racimolare denaro, e l'unico modo che conosco è di mettere in vendita il mio corpo, ma non ho nessuna intenzione di concedere i miei favori a chicchessia.
   Quando ho iniziato questa attività mi comportavo da impicciona. Ascoltavo le richieste che mi pervenivano dai clienti e li tempestavo di domande, incuriosendoli non poco, poi ho compreso che agli uomini interessa soltanto ascoltare la mia voce, anche per pochi istanti, per eccitarsi e spararsi una sega, e allora faccio di tutto per farli venire.
   Molti uomini m'incalzano facendomi proposte indecenti, vogliono sapere quanti anni ho, come sono fatta, se ho tette grosse o piatte e i capelli bruni o biondi. Altri sono ancora più curiosi e vogliono sapere se ho peli attorno alla fica oppure se l'ho rasata, ma tutti sono concordi nel volere conoscere il mio nome. Per tutti sono "Farfallina".

   Da alcune settimane sono ossessionata dalle telefonate di un cliente. Chiama tutte le sere a una certa ora e vuole parlare esclusivamente con me. Se manco dal servizio perché indisposta o impegnata in ospedale non parla con nessun'altra. E' un tipo abbastanza singolare, sostiene di chiamarsi Giancarlo, e di essere dirigente di una importante azienda multinazionale che produce contenitori metallici a uso delle conserve alimentari.
   Quando conversiamo gli piace raccontarmi della sua giornata di lavoro. Sostiene di vivere a Modena e di essere single. L'unica sua compagnia è una gattina persiana di nome Lulù. E' un tipo simpatico, molto educato. Forse è l'unico uomo, da quando ho iniziato questo lavoro, con cui mi piace conversare senza sentirmi obbligata a recitare la parte della cartomante.
   Da un po' di tempo si è fatto più ardito e insiste per volermi conoscere di persona, naturalmente ho rifiutato ogni sua proposta. Quello che ci separa non è la distanza, infatti, la città dove risiede e la mia distano soltanto poche decine di chilometri, il problema vero è che non voglio mischiare la vita privata con il lavoro.

   Stasera sono libera da turni in ospedale. Ancora una volta mi ritrovo al call-centeral ad ascoltare i gemiti di piacere dei clienti mentre si masturbano. La giornata che sta per terminare è stata portatrice soltanto di amarezze. Ho assistito alla morte di un paio di paziente in fase terminale e ho avuto a che fare con il dolore dei familiari, e non ho affatto voglia di scherzare. Al ricevitore del telefono si avvicendano le voci dei clienti, tutte uguali e tutte a chiedermi la medesima cosa: godere. C'è tanta solitudine nelle loro parole. Alcune telefonate sono di ragazzi giovani e sono le più simpatiche.
   Sollevo la cornetta e ancora una volta do risposta allo squillo del telefono.
   - Sono Farfallina, e tu chi sei? - rispondo all'interlocutore che ancora non si è presentato.
   - Ciao! Sono io, Giancarlo, come stai?
   - Stasera sono stravolta, ho ricevuto molte telefonate e tutti a chiedermi di farli godere, inoltre ho trascorso una brutta giornata. Ogni tanto capita anche a me.
   - Ho una proposta da farti. Perché non c'incontriamo quando esci dal lavoro? Potremmo andare a berci una birra in compagnia, che ne pensi?
   L'invito non mi sorprende, sono abituata a ricevere proposte di questo genere, anche da lui. Mi giungono tutte le sere da uomini che telefonano da ogni parte d'Italia, ma da sempre ho scartato l'idea di accettare un qualsiasi invito. E' improbabile che qualcuno di loro sia in grado di raggiungermi in poco tempo. Giancarlo è a conoscenza della città in cui risiedo. Durante una delle precedenti conversazioni gliel'ho rivelato dicendogli che sono vicinissima alla sua città.
   Questa sera tocca a me essere malinconica. Ho bisogno di compagnia e ho voglia di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno che mi sta simpatico, pertanto decido di fare una eccezione.
   - Senti facciamo così... quando esco dal lavoro, verso mezzanotte, prendo l'auto e ci troviamo a metà strada: a Rubiera. In prossimità del ponte sul Secchia c'è un dancing. Il locale è frequentato da gente simpatica. Sarò lì a mezzanotte e mezza alla guida di una Opel Tigra gialla. Tu invece che macchina hai?
   - La mia vettura è un Mercedes. Ti aspetterò all'ingresso del locale. Ciao!
   Il resto della serata trascorre in fretta. I clienti sono numerosi e fra sussurri e finte moine arriva mezzanotte. 
.
   Quando giungo davanti al dancing sono in leggero anticipo sull'ora concordata. Un Mercedes grigio metallizzato è parcheggiato dinanzi al locale che ha le serrande chiuse. Dall'auto scende un tizio e viene dritto verso l'Opel Tigra. Distinguo il profilo della sua figura illuminata dalla luce dei lampioni. L'uomo indossa un abito grigio fumo. Mostra d'avere una trentina d'anni, non di più. E' un tipo distinto e anche belloccio, molto lontano dall'idea d'impiegato che mi sono fatta parlandogli al telefono. Quando è abbastanza vicino lascio scendere il vetro della portiera e lo saluto.
   - Ciao! Sono Erika. Tu mi conosci come Farfallina.
   - Beh, io sono Giancarlo. Piacere di conoscerti di persona, t'immaginavo proprio così.
   Fa il galante e mi porge la mano in segno di saluto.
   - Siamo sfortunati, il locale è chiuso per turno di riposo. Ci toccherà scovare un altro posto per intrattenerci in compagnia. Scendi dalla macchina e sali sulla mia che partiamo.
   Troviamo una pizzeria aperta a Corticella, distante solo pochi chilometri dal luogo dove abbiamo fissato l'appuntamento. Abbiamo entrambi fame e a tavola troviamo il giusto punto d'incontro. Giancarlo è un tipo simpaticissimo e soprattutto garbato. D'altronde lo è sempre stato al telefono. A conclusione di una giornata tormentata è la compagnia di cui ho bisogno per tirarmi su di morale.
   Dopo avere consumato la pizza e bevuto un paio di birre, restiamo a chiacchierare fintanto che il locale chiude i battenti e ci ritroviamo in mezzo alla strada. Per tutta la serata Giancarlo si è comportato da perfetto gentiluomo sperticandosi in complimenti alla mia persona. Quando raggiungiamo il piazzale dove ho parcheggiato l'Opel Tigra spegne il motore della Mercedes e allunga una mano sulle mie ginocchia.
   Lo lascio fare, da troppo tempo sono a secco di carezze. Ho voglia di scopare e questa è la sera giusta per farlo. Non oppongo alcuna resistenza quando la mano scivola lungo la coscia fino a sfiorarmi le mutandine. Il contatto delle dita sulla fica mi fa trasalire. Resto immobile in attesa della prossima mossa che non tarda ad arrivare. Mi attira a sé e fa cadere le labbra sulle mie. La punta della lingua penetra nella mia bocca e mi fruga dentro. Lo fa delicatamente, senza troppo furore, poi infila la mano nella mia camicetta e avvolge per intero le dita su di una tetta. Il contatto mi provoca un lieve sussulto. La mano arresta il movimento per qualche istante, poi riprende a carezzarmi. Provo uno strano piacere nell'essere palpeggiata da mani sconosciute. Nel buio dell'auto mi sto eccitando, terribilmente eccitando. Il respiro mi si è fatto affannoso, non sono più in grado di dominare i sensi, ma non voglio fare la figura della ninfomane che la dà al primo che capita. 
   Ma sì, chi se né frega, pensi pure ciò che vuole.
   Lascio cadere la mano sopra la patta dei suoi pantaloni e gli palpo l'uccello. Aiutandomi con le mani gli slaccio la cintura e gli abbasso i pantaloni. Afferro l'uccello e inizio a menarlo. L'uomo mi riempie il viso e il collo di baci. Dal momento che sono stata io a scoprire per prima i suoi genitali mi ritrovo in una situazione di dominio, ma lui non vuole essermi da meno. Ribalta i sedili della vettura e mi sfila la gonna. Rimane a rimirare le mie mutandine di pizzo nero, almeno credo, poi me le sfila e le fa scivolare oltre le ginocchia fino a raggiungere le caviglie.
   Le nostre mani frugano i genitali dell'altro alla ricerca degli anfratti più nascosti. Mi piace stringere un cazzo fra le dita, mi dà un senso di possesso e d'immenso potere. Lo masturbo con dolcezza, lentamente, senza eccedere nei movimenti della mano. Non voglio che venga troppo presto. Mi sfiora le labbra della fichetta, senza penetrarmi con le dita. Seguitiamo a toccarci per una decina di minuti, assecondando in entrambi il desiderio di scopare, senza scambiarci una sola parola. 
   Meglio così, penso.
   Eccitato mi slaccia i bottoni della camicetta e mette a nudo le tette prive di reggiseno. Resta a contemplarle, poi affonda le labbra sui capezzoli e li succhia uno dopo l’altro. Le note che le sue labbra vibrano sulle mie tette appartengono a una composizione musicale che conosco bene e sanno provocarmi immenso piacere.
   Giancarlo s'inginocchia nello spazio davanti al mio sedile e preme le guance fra le mie cosce calcando la bocca sulla fica. La lingua scorre sul clitoride già gonfio ed eretto. Utilizza una tecnica tutta sua, non si limita a leccarlo, prende fra le labbra il mio organo erettile e lo succhia, come se stesse facendomi un pompino. Indugia con la punta della lingua sull'apice dopo che l'ha scappucciato. Ad ogni passaggio della lingua il mio scheletro si scuote di piacere. Raggiungo l'orgasmo troppo presto, mi succede sempre quando scopo con qualcuno che non conosco. Urlo e mi dimeno con tutto il corpo. Cerco di allontanargli la bocca dal clitoride, ma lui stringe ancora più forte le labbra provocandomi dolore.
   Ho più orgasmi nell'arco di poco tempo.
   L'uomo si rialza e mi punta l'uccello contro la fica bagnata all'inverosimile. Lo fermo appena in tempo mettendo una mano a protezione della passera. Non voglio correre nessun rischio. L'uomo, seppure davvero piacente, è pur sempre uno sconosciuto. Estraggo dalla borsetta una confezione che contiene più di un preservativo e gliene porgo uno. A malincuore infila il cappuccio e subito dopo mi penetra.
   Me ne sto sdraiata, supina nella posizione del missionario, mentre lui affonda l'uccello nella vagina, donandomi istanti d'immenso piacere. Restiamo in quella posizione alcuni minuti, poi mi stacco e accavallo le cosce sopra di lui. Da questa posizione infilo l'uccello in profondità, fino a fargli toccare la parete posteriore della fica. L'utero mi si contrae spasmodicamente a ogni affondo.
    Eccitata raggiungo un nuovo orgasmo.
   Sentendomi godere Giancarlo accelera i movimenti ed eiacula scuotendo il corpo, poi si accartoccia su di me.

   Sono le quattro di notte quando arresto l'Opel Tigra davanti al garage di casa. Scendo dall'auto e apro la porta basculante. Nell'attimo in cui riapro la portiera dell'auto, per risalire in macchina, intravedo sul sedile accanto a quello di guida una busta. La apro. Contiene tre banconote da cinquanta euro.

 

 
 

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