Ci
sono giorni in cui sono felice e altri
in cui lo sono meno perché scontenta,
malinconica, e insofferente verso tutto
ciò che mi sta attorno. Sono una donna
che non sa fare progetti. Non li ho mai
fatti, perché il solo fatto di esistere
mi lascia sconcertata.
C'è stato un periodo della
mia vita in cui ero soggiogata da principi
morali, ora non più. Adattarmi è
diventato il mio credo e unico principio
di vita. Sopravvivo, mi lascio
trascinare all'istinto, come un
qualsiasi animale, invece quello di cui
avrei bisogno è d'impegnare me
stessa in progetti di vita che mi diano
entusiasmo, e la carica necessaria per
arrivare a fine giornata soddisfatta per
come l'ho vissuta, e non delusa come mi succede troppo spesso.
Ho trentadue anni, sono
ancora giovane, penso, e come tutte le
persone non sono in grado di
quantificare i giorni, i mesi e gli anni
che mi restano da vivere. Chissà perché,
e da quando, tutte le cose di questo
mondo hanno una scadenza. Il tonno in
scatola ha una scadenza, il sugo di
pomodoro scade, persino la carta per
alimenti scade. A volte mi chiedo se in
natura esiste qualcosa che non abbia una
scadenza. Io, prima di scadere, vorrei
realizzare qualcosa di positivo, magari
mettendo al mondo un figlio.
Ci sono giorni in cui ogni
azione mi conduce inesorabilmente a
riflettere sulla inutilità della vita.
Ieri era una di quelle giornate in cui,
senza una ragione precisa, mi sentivo
particolarmente malinconica. Ho pianto,
l'ho fatto un paio di volte, lontano
dallo sguardo delle persone che mi
stavano intorno.
Uscita dall'ospedale, poco
dopo le dieci di sera, una volta
terminato il turno di lavoro, mi sono
messa al volante della mia Peugeot 107
decisa a concludere la serata al
Paradiso.
Il locale, un "disco
bar" ubicato alla periferia della
città, sulla Via Emilia, in direzione
Piacenza, è uno dei rari posti in città
dove è possibile ascoltare musica dal
vivo. Viene eseguita da gruppi musicali
o da cantanti alle prime esperienze,
artisti che si alternano sulla pedana
del locale e intrattengono i clienti
fino alle prime luci dell'alba.
Quando ho messo piede nella
disco ero animata da una grande voglia
di trovare qualcuno, uomo o donna mi era
indifferente, con cui fare sesso, lasciando
al caso chi avrebbe saccheggiato il mio
corpo.
La discoteca Paradiso, come
ogni sera, era gremita all'inverosimile
di gente sballata. Una cantante, con la
voce calda e sensuale, simile a quella
di Fiorella Mannoia, carina quanto basta
da attirare la mia attenzione, occupava
una sedia a trampolo davanti alla
tastiera di un pianoforte digitale.
Mi sono fatta largo fra i
tavoli e ho trovato posto a sedere su
una panca in prossimità delle casse
acustiche da cui proveniva un eccessivo
rumore. Ho iniziato a guardarmi
d'intorno con una certa curiosità,
immalinconita dalle parole che uscivano
dalle labbra della cantante intenta a
interpretare a modo suo una canzone di
Mina.
E
se domani io non potessi
rivedere te?
mettiamo il caso che ti sentissi
stanco di me
quello che basta all'altra gente
non mi darà nemmeno l'ombra
della perduta felicità
e se domani, e sottolineo se
all'improvviso perdessi te
avrei perduto il mondo intero,
non solo te...
|
Ho
iniziato a sorseggiare un Gin fizz
affascinata dalle parole del testo della
canzone, e ho pensato a Lorenzo. A chi
altro avrei dovuto pensare?
Ho percorso i ricordi della
storia che abbiamo portato avanti, nel
bene e nel male, per sei mesi, terminata
da un paio di settimane. Essere lasciata
da un uomo non fa mai piacere, anche
perché sino a oggi sono sempre stata io
a mollare gli uomini con cui ho avuto
delle storie, ma dovevo capirlo che
Lorenzo non era tipo da accettare i miei
tradimenti.
Meglio così ho pensato
quando mi ha lasciato. Libera da ogni
impegno avrei potuto fare ciò che più
mi divertiva, invece il ricordo delle
sue mani che mi accarezzano, delle
labbra premute sulle mie, dell'affanno
del suo respiro mentre godeva scopandomi
mi tornavano in mente di continuo.
Mentre ascoltavo la musica,
sorseggiando un cocktail dopo l'altro,
molti di quei ricordi, vividi nella mia
mente, mi tenevano compagnia. Tutt'a un
tratto mi sono accorta che Lorenzo mi
mancava terribilmente.
Mi è venuto da pensare al
sapore della sua lingua, ai baci che mi
toglievano il fiato, alle coccole, al
cuore che pareva perdere qualche battito
mentre stavo con lui.
Mi piaceva stare a
guardarlo mentre si masturbava.
L'obbligavo a farlo davanti a me stessa
come non avevo mai fatto con nessun
altro uomo. Lo obbligavo a farlo per
imparare a mettergli le mani addosso, e
capire come dovevo comportarmi per farlo
godere quando lo masturbavo.
Le parole della canzone di
Mina mi hanno fatto pensare, con
nostalgia, alle mani di Lorenzo che mi
stringevano i polsi tutte le volte in
cui decideva di scoparmi dopo avermi
legata, picchiata, e torturata con
inaudita violenza. Mi sono tornati alla
mente gli attimi in cui, dopo avere
raggiunto l'orgasmo, finivo per crollare
col capo sulla sua spalla, per
riprendere fiato, prima di ricominciare
a fare l'amore, mai paghi uno
dell'altra. Mi piaceva condurlo sino a
un punto di non ritorno, vederlo
stremato, e sentirmi dire dalla sua voce
che non ce la faceva più a fare
l'amore.
Mentre ascoltavo la musica
pensavo che avrei dovuto fare di tutto
per riavere Lorenzo accanto a me,
soprattutto prima che un'altra donna gli
facesse assaporare il profumo della
propria figa. Scrutando i volti dei
maschi seduti ai tavoli ho compreso
quanto Lorenzo era ancora importante per
me, e ho avuto paura che potesse
scomparire in modo definitivo dalla mia
vita.
Stavo facendo queste
considerazioni quando la musica è
sfumata. La cantante ha abbandonato la
pedana ed è venuta nella mia direzione stringendo nella mano un cocktail alla
frutta.
- Posso sedermi accanto a
te? - ha detto indicando il posto libero
sulla panca che occupavo. - E' l'unico
spazio rimasto libero in tutto il
locale. - ha proseguito offrendomi un
sorriso amichevole.
- Sì, certo, non c'è
problema. - ho risposto spostando il
sedere qualche centimetro più in là
nella panca per farle posto.
- Grazie. - ha replicato
sistemandosi sulla panca accanto a me.
- Canti bene, lo sai?
- Dici? - ha detto
guardandomi in viso come sa fare
soltanto una lesbica.
Da donna devo ammettere che
amo cogliere quel tipo di sguardo su di
me. In quel preciso istante, quando i
nostri occhi si sono incrociati, ho
capito che piega avrebbe assunto la
serata.
In quel momento sembrava
che non ci fosse niente su cui
riflettere o su cui esitare un istante.
Quello che è accaduto dopo fra noi è capitato
con estrema naturalezza e
semplicità. Abbiamo compreso di essere
in sintonia con un semplice sguardo. Un
perfetto equilibrio fra passione e
desiderio di fare sesso è stata la
chiave di tutto.
- So che hai voglia di me.
- le ho detto. - Non negarlo, lo sento
dall'odore della tua pelle.
Quello che è certo è che
non mi sono persa nei preliminari. E poi
dei preliminari chissenefrega, ho
pensato, avremmo potuto farli anche
dopo. Di solito non sono mai così
sfrontata, mi succede d'esserlo nelle
sere in cui bevo più del normale. In
quei momenti l'eccitazione sembra
annebbiarmi la mente, mi ritrovo senza
pudori con una dannata voglia di godere
del piacere che può darmi la persona
che mi sta vicino.
Il desiderio di possedere e
di essere posseduta è una febbre che mi
riempie di calore fra le cosce mandandomi
la figa in liquefazione. Uno
sconvolgimento della ragione, questo è
ciò che mi è accaduto ieri sera stando
lì, accanto a lei, annusando l'odore
che spandeva la sua pelle sudata.
Il desiderio di fare
l'amore è qualcosa di incontrollabile,
penso che sia comune a uomini
e donne. Ho finito per fare scivolare la
mano dietro le sue spalle e ho
cominciato ad accarezzarle il
fondoschiena senza aspettare di ricevere
una qualsiasi risposta alla mia
precedente domanda, forse perché ho
dato per scontato che non ce n'era
bisogno.
- Vado in bagno. Vieni
anche tu? - ha detto.
Dopo quelle parole ho avuto
la certezza delle tante affinità che
avevamo in comune. Il desiderio di fare
sesso con lei era così forte e
manifesto, anche ai suoi occhi, che non
ho saputo fare altro che risponderle con
un cenno affermativo del capo in attesa
di farla mia.
Si è alzata dalla panca e
l'ho seguita attraverso la sala, dirette
entrambi verso i servizi igienici. Avrei
dovuto avvisarla che bisogna diffidare
delle persone troppo infelici come me.
E' una questione di sopravvivenza.
Appena abbiamo messo piede
in uno dei cessi, chiusa la porta alle
nostre spalle, l'ho spinta contro una
parete. Ha aperto la bocca un paio di
volte per dirmi qualcosa, ma ogni volta
gliel'ho tappata baciandola con violenza
per paura di sentire cose che non avrei
voluto ascoltare, premurandomi di
sbottonarle la camicetta, e impadronirmi
delle tette con le mani. Mi ha afferrato
i capelli da dietro, stirandomi la coda
di cavallo, dicendomi che dovevo
ascoltarla, invece l'ho spinta contro il
muro e l'ho fatta stare zitta,
incollando le labbra contro le sue.
- Mi piace essere presa così.
Non smettere di stringermi forte. - ha
detto infine, quando ha staccato le
labbra dalle mie. Dopo ha ripreso a
scandagliare la cavità della mia bocca
con la lingua scopandomi sino in gola
tanto l'aveva lunga.
Il contatto col suo corpo,
le mani che mi scivolavano addosso,
toccandomi ovunque, finendo per trovare
la via che conduce alla figa, mi hanno
provocato gemiti di piacere. La sua
bocca si è accostata al mio orecchio e
mi ha sussurrato:
- Ti piaccio?
Non le ho risposto. L'ho
stretta forte a me sino a farle perdere
il respiro, dandole a intendere che non
volevo in nessun modo perdere il
contatto col suo corpo.
- Fammi sentire che hai
voglia di scoparmi. Dimmi che mi
desideri come non hai mai desiderato
nessun'altra prima di me, dimmelo anche
ingannandomi se è necessario. - ha
detto.
Ho cominciato a spogliarmi.
L'ho fatto lentamente, con addosso i
suoi occhi, evitando d'incrociarli con i
miei. Volevo che non perdesse nessuno
dei miei gesti mentre mi spogliavo. Le
sue pupille giudicavano il mio corpo
soffermandosi a osservare ogni
centimetro quadro della pelle. Infine,
quando sono rimasta nuda, mi sono rivolta
a lei e le ho detto:
- Baciami.
Lo ha fatto tenendomi le
mani strette intorno al collo facendo
uso del mio corpo per soddisfare il suo
piacere. Mi ha baciata togliendomi il
respiro fintanto che i miei gemiti si
sono fatti sempre più forti, e le mani
mi stringevano i fianchi tenendomi
bloccata la schiena contro le fredde
mattonelle del muro del bagno.
Avrei voluto urlarle
addosso tutto il mio piacere, ma non
sono riuscita a farlo perché al di là
della porta, nell'antibagno, c'erano
parecchie persone che mi avrebbero
udito. Tremavo e mi sollevavo da terra,
tenendomi sulla punta dei piedi, ogni
volta che le sue mani si insinuavano
nella fessura della vagina per
carezzarmi il clitoride. Il movimento
delle dita era perfetto, era brava a
toccarmi la sporgenza carnosa
fra le grandi labbra.
Avevo un dannato bisogno
delle sue dita nell'intimità della mia
pelle.
- Ancora... ancora...
ancora. - le ho sussurrato ripetutamente
all'orecchio, prima di decidermi a
inginocchiarmi davanti a lei.
In quegli attimi di piacere
i ricordi dei momenti felici trascorsi
con Lorenzo sono scomparsi, sostituiti
dalla presenza delle dita che mi
carezzavano il clitoride e dai gemiti di
piacere che uscivano dalla bocca della
mia occasionale compagna, mentre mi
mordeva il collo come se fosse
necessario per la sua sopravvivenza.
Mi ha morso con una tale
rabbia da lasciarmi senza fiato.
Incapace di sfuggire a quell'abbraccio
ho lasciato che mi trascinasse fino al
limite estremo del proibito. Non le è
bastato farmi raggiungere l'orgasmo, non
le è bastato sentirmi gemere e urlare
fra le mura del cesso, non mi ha dato
tregua finché non mi sono inginocchiata
ai suoi piedi.
Aveva ancora sulla pelle
gli slip. Soltanto io ero nuda. Allora
glieli ho abbassati stirandoli verso le
ginocchia e poi alle caviglie. Una volta
nuda l'ho obbligata ad allargare le
gambe, poi ho infilato le guance fra le
sue cosce sino a raggiungere quanto di
più prezioso custodivano. Ho cominciato
a succhiarle il clitoride fintanto che
è venuta premendomi il viso contro di sé.
Sono trascorse dodici ore
da quando ci siamo lasciate davanti alla
porta d'ingresso del Paradiso. Nella
mente ho impresso il ricordo delle mani
che mi stringevano il capo mentre le
leccavo la figa mantenendo la testa
infilata fra le cosce. Non riesco a
pensare ad altro che ai suoi gemiti di
piacere, non mi era mai capitato di
pensare a una donna in questa maniera
ossessiva. Stasera quando la rivedrò e
presterò orecchio alla sua voce, mentre
si esibirà sulla pedana del Paradiso,
spero soltanto che non si accorga che
stando accanto a lei starò male.
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