Questa
città mi dà il voltastomaco. Basta
soffermarsi a leggere le notizie di
cronaca nera che compaiono
quotidianamente sulle pagine della
Gazzetta di Parma per rendersene conto.
A questo penso mentre abbandono il Lungoparma
e m'incammino sotto le antiche volte
del Palazzo della Pilotta che conducono
verso Piazza della Pace.
Il sole scalda
le austere mura dell'antico palazzo
farnesiano da poco restaurato. Guardo
verso l'alto e resto stupita nello
scorgere un cielo blu dopo lunghe
settimane di nebbia. Tutt'a un tratto un
coro di voci riempie la vicina Piazza
della Pace con le note del "Va
pensiero". Guardo alla mia
sinistra, nella direzione del monumento
consacrato a Giuseppe Verdi, e in
lontananza scorgo un concentramento
di persone assiepate intorno
all'imponente scultura commemorativa
dell'artista bussetano.
Mi riesce
difficile credere che in città ci sia
anche un solo parmigiano che non conosca
il coro del Nabucco. Incuriosita mi dirigo
verso il gruppo scultoreo intitolato al
maestro di Busseto, piacevolmente
turbata dal coro di voci verdiane che
eseguono il celebre brano d'opera.
- Di cosa
si tratta? - chiedo a un anziano dai
capelli argentati, infreddolito,
disimpegnato dal gruppo di
persone assiepate attorno il monumento,
- Davvero
non lo sa?
- No.
- La
cerimonia è promossa dal Comune per commemorare
l'anniversario della morte di Giuseppe
Verdi. L'ho letto sul giornale. E'
questa la ragione per cui sono venuto qua. Sono un melomane, io.
- Ah.
- Penso
che per una città come Parma sia
importante ricordare il Maestro. E poi
ascoltare il coro di voci che esegue il
"Va pensiero" è
emozionante, non crede? A me questa
musica mette sempre i brividi.
- Penso
di sì. - dico mentre due vigili urbani
si premurano di depositare un paio di
ghirlande di fiori davanti ili
monumento. Di seguito un uomo bardato
con una fascia tricolore, messa tracolla, prende
la parola, ma dalla postazione in cui mi
trovo, abbastanza defilata, non
riesco a distinguere le parole del che
sta pronunciando.
- Verdi
è un pezzo da novanta. Fa parte di
quella ristretta schiera di personaggi
che hanno dato lustro a questa città e
al nostro territorio. E non soltanto
perché è stato ed è tuttora un protagonista della musica mondiale, ma
anche perché ha avuto un ruolo
significativo nell'Unità d'Italia. Lei
è al corrente che quest'anno si celebra
il centocinquantesimo dell'Unità
d'Italia?
Le sue
parole, pronunciate con marcato accento
meridionale, mi inducono a riflettere
sull'opportunità di chi un secolo e
mezzo fa ha voluto una Italia unita. Mi
verrebbe voglia di rispondergli che è
stato un grande errore storico quello di
unire genti così diverse in un unico
paese. Chissà come sarebbe la mia vita
se adesso fossi cittadina del Ducato di
Parma e Piacenza.
- Se Roma
è capitale d'Italia, Parma ha tutti gli
attributi per essere identificata come
capitale della lirica italiana. - aggiunge
soddisfatto l'uomo che mi sta accanto.
In
effetti non ha per niente torto, infatti
Verdi è un po' come il petrolio per
queste terre, allo stesso modo che
Mozart lo è per Salisburgo.
Probabilmente ci sarebbe molto denaro da
pompare dai giacimenti di
"petrolio" delle opere di
Verdi, ma paragonare questa città a
Salisburgo come troppo spesso traspare
dai discorsi di certi politici della
Giunta Comunale mi sembra una eresia. Ho
avuto modo di visitare la città
austriaca un paio di volte in
occasione del Salzburger Festspiele, uno
dei più importanti festival di musica
classica e operistica che c'è al mondo,
e mi sento di sostenere, senza il timore
di essere smentita, che non c'è
paragone fra quel Festival e l'altro
minimalista dedicato a Verdi che si
tiene da qualche anno a Parma nel mese
d'ottobre.
Saluto
con un cenno della mano l'uomo con cui
mi sono intrattenuta a parlare. Imbocco
Strada Garibaldi diretta verso l'ufficio
assicurativo di Roberto mentre la
cerimonia, dedicata a Giuseppe Verdi,
sta per giungere a termine.
Ci sono
giorni in cui non vedo l'ora di cadere
fra le braccia del mio amante. E questo
è uno di quei giorni. Ne ho voglia
subito e basta. Mi piace la parola
"Amante", pronunciarla mi
riempie la bocca di desiderio.
La parola
"Amante" mi richiama alla
mente l'omonimo romanzo di Margherite
Duras. Una storia autobiografica dolce e
violenta che all'uscita del libro diede
parecchio scandalo. Il libro narra di un
rapporto contrastato fra un adulto e una
adolescente di 15 anni. Una relazione
scandalosa che non riesce a dissolversi
nonostante sia ostacolata da tutti.
La storia
narrata dalla Duras è molto simile a
quella che mi lega a Roberto. Il nostro
rapporto vive della stessa passione
carnale, infatti non riusciamo a stare
lontani per troppo tempo. Anche ora
mentre cammino ho la figa in
liquefazione per la incontenibile voglia
che ho di fare sesso con lui. E fra poco
sarò sua.
Porto avanti questa relazione da circa
sei mesi, senza curarmi della notevole
differenza di età che c'è fra noi.
Roberto ha 52 anni, io ne ho solo 22:
l'età di una delle sue figlie.
Beh, l'amante non l'ho
mai cercato, è capitato
per caso nella mia vita. Stavo
attraversando un periodo di crisi in cui
mi mancavano le attenzioni del mio
ragazzo con cui facevo coppia fissa da
quattro anni. Il nostro rapporto si era
logorato, tutt'e due ne eravamo consci.
Delle nostre difficoltà ne avevamo
discusso in più di una occasione, e
ogni volta avevamo finito con il litigare.
Lui non voleva saperne di cambiare certi
suoi atteggiamenti e ho confidato le mie pene
a un'altra persona, un amico di papà
che conosco da quando ero bambina. E da
lui ho ricevuto quelle attenzioni che mi
mancavano.
Forse è
stata la nostra straordinaria
confidenza, il parlare dei nostri
problemi, dei sogni e dei desideri a
farci conoscere così bene da
comprendere che stavamo bene insieme.
Non l'ho
cercato. E' arrivato all'improvviso
nella mia vita come un angelo sceso dal
cielo per alleviare le mie pene. Tutto
ha avuto inizio con un gioco di sguardi,
semplici carezze, dopodiché la cosa ha
preso un'altra piega. Mi sono buttata
fra le sue braccia con un po'
d'incoscienza sperando di trovare in lui
quelle attenzioni che ormai non ricevevo
più dal mio ragazzo.
Siamo diventati amanti. Ho lasciato il
mio ragazzo e non ho rimpianti.
So che Roberto è mio, che mi ama alla
follia, ma è dura seguitare ad andare
avanti così. Ogni volta che ci
separiamo, dopo che abbiamo fatto
l'amore, mi manca da stare male. Sono
gelosa, soprattutto di sua moglie che
invece lo ha tutti i giorni per sé.
Mi ha
rivelato che dopo che scopiamo non fa
sesso con la moglie per parecchi giorni
per preservare sulla pelle il
ricordo del mio corpo. Non so se
credergli o meno; quello che è certo è
che si vive una volta sola, e non voglio
ritrovarmi a dovere rimpiangere di avere
rinunciato alla mia felicità per paura
d'amare un uomo sposato che vive in
contemporanea due storie parallele.
Forse
dovrei essere più razionale e
innamorarmi di un ragazzo della mia
età, ma quello che provo per Roberto è
un amore con la A maiuscola, di quegli
amori che si possono provare una volta
sola nel corso della vita. Ei mi riese difficile fare un passo
indietro.
Non sono
il tipo di donna che si accontenta. Sono
felice soltanto quando sto con lui e lo
sento esplodere dentro di me. Se le mie
amiche sapessero della
storia che con Roberto, sono certa che
mi considererebbero scorretta ed
egoista, invece sono soltanto una donna
vera che vuole amare ed essere riamata.
La parola
"Amante" ai più fa venire in
mente un amore clandestino, anch'io la
pensavo così. Adesso quando ci penso mi
incazzo da morire perché con Roberto
vorrei viverci insieme per ventiquattro
ore tutti i giorni, invece non possiamo
farlo. Dice che i suoi figli vengono
prima di tutto. Sono d'accordo e non
penso sia giusto privarlo dell'amore per
loro, anche se ormai sono tutt'e due
grandi e non dovrebbero soffrire se
decidessimo di andare a vivere insieme.
Spero soltanto che nel rapporto che
portiamo avanti non ci sia per sempre un
cosiddetto "bene maggiore" che
freni il nostro stare insieme, perché
potrebbe essere una scusa per non
esporsi.
Sono pazzamente innamorata di Roberto.
Non faccio altro che pensare a lui.
Anche ora mentre cammino sul marciapiede
di Strada Garibaldi, per raggiungere il
suo ufficio dove ho appuntamento a
mezzogiorno, ripeto a me stessa che lo
amo. Cammino e ho la sensazione di
aleggiare sul marciapiede, tanto sono
felice. Eppure fra poco, quando lo
raggiungerò e faremo l'amore, ci
comporteremo come due belve che si
sbranano. Affonderà le unghie nella mia
carne e io mi lascerò sopraffare anche
se avvertirò dolore quando dilanierà
il mio corpo. Gli piace il gusto del
sangue e io ne sono felice perché in
lui riconosco molto dello spietato
sadismo che c'è in me.
Dinanzi
all'edificio che ospita l'ufficio di
Roberto arresto il passo. Guardo le
lancette dell'orologio: segnano due
minuti oltre mezzogiorno. Levo dalla
borsetta il cellulare e compongo il suo
numero di telefono. Un attimo di
pausa e dall'apparecchio esce la sua
voce.
-
Pronto..
- Ciao,
sono io, Fabrizia, salgo da te? -
chiedo.
- Sì.
puoi salire,ti aspetto.
Il rumore
del clic della serratura del portone,
comandata elettricamente, mi avverte che
posso mettere piede nell'edificio.
Prendo posto sull'ascensore e in un
lampo raggiungo il quinto piano. Roberto
è ad attendermi sulla porta d'ingresso
dell'ufficio. Gli vado incontro, ma non
l'abbraccio come invece mi verrebbe
spontaneo fare.Appena la porta è chiusa
alle mie spalle gli salto addosso e lo
bacio.
Mentre
gli infilo la lingua in bocca si
affretta a liberarmi del cappotto che
scivola sul parquet. M'infila le mani
sotto il maglione e le dita, del tutto
simili a tentacoli, mi avvolgono i seni
privi di reggipetto.
Non sporgo la
lingua troppo in fuori, preferisco che
sia lui a venirmi a cercare. Ora
muoviamo tutt'e due l'apice delle lingue
una contro l'altra delicatamente. E' un
bacio mieloso e tenero quello che ci
scambiamo. Roberto mi mantiene stretti i
capezzoli fra le dita e li stira verso
di sé provocandomi un leggero dolore,
mentre le lingue si intrecciano
rincorrendosi nelle bocche.
Voglio
godermelo tutto, questo momento.
Mi manca
il respiro. Ho gli ormoni in subbuglio.
Non ho tempo di concentrarmi sulla sua
lingua che fruga in profondità nella
mia bocca. Vengo spinta con la forza
delle sue braccia verso il basso. Mi
ritrovo inginocchiata ai suoi piedi,
davanti alla patta dei pantaloni.Abbasso
la cerniera e infilo la cappella fra le
labbra. Lo scopo con la bocca, con
Roberto rimasto in piedi che mantiene le
gambe divaricate.
Lo sento
gemere di piacere mentre la cappella
entra ed esce dalle mie
labbra. E' un movimento ritmico quello
che imprime il cazzo. A ogni colpo un
gemito di piacere esce dalle sue labbra.
Mi sta
scopando da un paio di minuti: Adesso il
ritmo si è fatto più accelerato e intenso.
Mi circonda il capo con le mani e
mi attira a sé. Mi adeguo al ritmo che
imprime alle sue mani certa di fargli
piacere.
Allontano
la cappella dalla bocca e mi rivolgo
a Roberto guardandolo in viso dal basso
verso l'alto.
- Voglio
che tu venga nella mia bocca al più
presto. Dai, fammi sentire come fai a
venire. - gli urlo addosso.
Mi spinge
di nuovo il cazzo in bocca e riprendo a
succhiare. Mi piace farmi scopare in
bocca, godo nello strofinare la lingua
intorno alla cappella. Assaporare il gusto
del suo sperma mi fa andare giù di testa.
Roberto ha
dilatato il rumore dei suoi gemiti. Sono
eccitatissima e do spinte profonde con la
bocca mentre le sue mani, strette attorno
il mio capo, seguitano a spingermi
avanti e indietro.
- Più
forte, dai, fammi sentire che stai
godendo. - dico subito dopo essermi staccata
dalla cappella.
Ormai è prossimo
a venire. Le sue gambe tremano. Lo
scheletro è percorso da fremiti
incontrollati. Un fiotto di sperma mi
raggiunge in gola. Gli spruzzi si
susseguono veloci. In pochi secondi mi
ritrovo con la bocca colma di sperma. Mi
alzo in piedi e cerco la sua bocca per
baciarlo. Gli faccio dono del suo sperma
ancora caldo mentre stringe le mani
intorno alle mie natiche e mi attira verso
di sé.
- Vorrei
morire dentro di te. - dice quando le
nostre bocche si staccano una dall'altra.
Seduta su
una delle poltrone collocate dinanzi
alla scrivania, completamente nuda, le
gambe divaricate, lascio che Roberto,
inginocchiato davanti a me, si consumi a
leccarmi la figa. Seguita a distendere la
lingua dal basso verso l'alto sulle grandi
labbra, dilatate e vogliose nella loro
massima espansione.
Con
la punta della lingua risale sino a
raggiungere il clitoride. L'ho turgido e
pulsa. Spero che lo succhi per bene e
mi conduca al più presto
all'orgasmo, invece non lo fa. Si rituffa
a capofitto a leccarmi le labbra della figa.
I
movimenti della lingua sono così
leggeri e rapidi da farmi apprezzare la
passione con cui lo fa. Con entrambe le
mani mantiene scostata la selva di peli
che circondano la stretta fessura di
carne. Si intestardisce a leccarmi e
spinge la lingua in profondità come se
volesse penetrarmi.
Non vuole
farmi venire troppo presto. Seguita a
leccarmi e succhiarmi le grandi e
piccole labbra mentre con le mani mi
stringe i capezzoli riempiendomi di
brividi in tutto il corpo.
Sono
eccitata, terribilmente eccitata. E
glielo dico.
Roberto
risucchia il clitoride e lo trattiene
stretto fra le labbra, poi incomincia a
succhiarlo. L'orgasmo sta montando
rapido. Se con il ragazzo con cui ero
fidanzata prima di essere l'amate di
Roberto l'orgasmo era qualcosa di
meccanico e scontato, ora mi arriva con
una lunga serie di onde anomale che mi
esplodono nel cervello mettendomi
sottosopra ogni volta che facciamo
l'amore.
Sto per
venire. Roberto se ne sta accorgendo.
Arresta il movimento delle labbra che
circondano il clitoride e continua a
fare pressione con la bocca. Mi
raggomitolo sume stessa in preda a
violente scariche orgasmiche. Lui non
cerca di domarmi, mantiene il capo fra
le mie cosce e continua a baciarmi la
figa. Tutt'a un tratto dall'appartamento
confinante con l'ufficio di Roberto si
diffonde la musica della Cavalcata delle
Valchirie di Richard Wagner. Sto per
rilassarmi, dopo avere raggiunto
l'orgasmo, che il pensiero mi va al film
Apocalypse Now, esattamente alla scena
in cui sullo schermo compare uno
squadrone di elicotteri che attacca un
villaggio vietnamita, là dove Coppola,
regista della pellicola, ha inserito il
brano dell'artista tedesco. Roberto,
incalzato dalla musica, riprende a
succhiarmi il clitoride. In poco tempo
esplodo in una serie di orgasmi a
grappolo che sono la fine del mondo.
Ora che
la musica è finita mi viene da pensare
che Wagner è davvero incomparabile.
Allora dico... "Fanculo Giuseppe
Verdi!"
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