Q uando
si pedala in sella alla bicicletta i pensieri scorrono rapidi, talvolta
accavallandosi uno sull'altro, anzi non
si fermano mai, alla maniera dei
paesaggi che ci vengono incontro e
spariscono ai lati della strada.
Augusto era curvo sulla
bicicletta da corsa. Manteneva il collo teso in
avanti e muoveva di continuo le spalle.
Indossava una maglia bianca
con scolpiti dei pois rossi larghi come
il fondo di un bicchiere. Gli occhi
lucidi per la fatica, protetti da
occhiali avvolgenti, fissavano il
paesaggio mentre pedalava lungo la
salita.
Le nuvole si spostavano
rapide sulla sua testa, sempre più
scure, presagio dell’imminente
temporale. L'aria fresca gli accarezzava
il viso asciugandogli le gocce di sudore
che gli scendevano copiose dalla fronte.
Pedalava senza esagerare
nello sforzo, in estrema libertà, abile
nel cogliere le bellezze della natura
che gli stava d'intorno. Sulla strada
non c'era nessuno a imporgli ciò che
doveva fare contrariamente a quando era
in compagnia della moglie. In sella alla
bicicletta era solo con se stesso, e con
un pensiero fisso per la testa: Flavia.
Avvicinò la borraccia alle
labbra, diede qualche sorso alla miscela
d'acqua e miele senza interrompere la
pedalata, dopodiché si guardò alle
spalle per constatare se c'era qualche altro
ciclista che lo seguiva dappresso. Nel
momento in cui la strada cominciò a
inerpicarsi manovrò la leva del
deragliatore, facendo in modo di fare scivolare la catena
su una ruota dentata del rocchetto
posteriore più grande. In questo
modo la pedalata diventò più agile
facilitandogli il proseguo del viaggio.
In prossimità di un
tornante, là dove la pendenza della
strada si fece più ostica, si alzò in
piedi sui pedali. Diede una scossa alle
natiche, umide di sudore, poi riprese
l'arrampicata, mettendosi di nuovo seduto sul
sellino, con le mani strette sul
manubrio.
Seguitò ad arrampicarsi
sulla salita, mantenendo la bocca aperta
e la lingua fuori, sbuffando in
continuazione. I muscoli delle gambe gli
dolevano per la stanchezza. Le tempie
parevano scoppiargli. Lo sforzo gli
sembrò persino superiore a quello
occorsogli qualche giorno addietro
quando aveva fatto sesso con Flavia.
Aveva fatto l'amore stando ritto in
piedi, reggendo il peso del corpo della
ragazza con la forza delle braccia,
mentre la scopava.
Pedalava e ansimava in
maniera scomposta. Serrò i denti e
spinse con forza i piedi sui pedali,
senza mai fermarsi, come gli succedeva
quando affondava il cazzo fra le cosce
di una donna.
*
* *
Flavia l'aveva conosciuta soltanto qualche giorno
addietro nell'agriturismo che la ragazza
gestiva con i genitori. Il locale si
trovava a ridosso dell'argine
maestro del Po, sulla strada provinciale che
congiunge Polesine Parmense a
Roccabianca.
Era capitato
nell'agriturismo su indicazione di un
amico. Ad accoglierlo nel locale era
stato un uomo dalla struttura massiccia,
in maniche di camicia, con il grembiule
arrotolato attorno alla vita. L’uomo
si era premurato di farlo accomodare a
un tavolo apparecchiato per due persone,
infine, dopo avergli consegnato la carta
del menù si era allontanato senza
attendere l'ordinazione.
Augusto si era accorto
della presenza di Flavia
nell'agriturismo quando l'aveva vista,
impegnata a muoversi nella sala da
pranzo, servire le pietanze ai tavoli
dei clienti. Il fondoschiena della
ragazza, soprattutto quello, aveva
attirato la sua attenzione. Vista da
dietro sembrava persino sguarnita di
mutande.
Aveva preso in
considerazione anche l'eventualità che
la ragazza indossasse un tanga, ma era
certo che il movimento scomposto delle
natiche, nascoste dal tessuto della
sottana, fosse da addebitarsi alla
mancanza delle mutande.
Ma anche il resto del corpo
della ragazza non era male. Ne aveva
avuto conferma quando si era presentata
al tavolo per ricevere l'ordinazione.
- Buongiorno! Ha deciso
cosa vuole per pranzo?
Il viso tondo, non troppo
truccato, le guance arrossate, le
conferivano un aspetto paesano. I
capelli castano chiaro, racchiusi da un
elastico dietro il capo, formavano una
lunga coda di cavallo. Alle dita delle
mani non aveva anelli, né le unghie
erano smaltate. Una ragazza all'antica,
acqua e sapone, così l'aveva giudicata.
Si era meravigliato
nell'udire il timbro della voce
caratterizzato da una erre arrotata alla
francese. E poi mostrava di possedere
una vaga rassomiglianza con Laetizia
Casta, soprattutto per gli incisivi
leggermente accavallati e le lentiggini
sulle guance.
- E' la prima volta che mi
trovo a pranzare in questo locale. Non
conosco il menù. - le aveva detto
volgendo lo sguardo alla carta con la
lista dei cibi.
- Il nostro è un
agriturismo. Tutto quello che portiamo
in tavola è prodotto nella nostra
azienda agricola.
- Un primo piatto, sì mi
porti un primo piatto con...
- Minestrone di pasta e
fagioli, le va bene?
- Sì... sì... - le aveva
dato conferma sorpreso dai modi spicci
della ragazza, ma soprattutto turbato
dall'ampia scollatura della camicetta
che metteva in evidenza l'attaccatura
delle tette.
- E di secondo?
- Che cosa avete?
- Faraona arrosto, punta di
vitello, coniglio alla cacciatora...
- Va bene il coniglio alla
cacciatora.
- Da bere?
- Lei cosa mi consiglia?
- Abbiamo del buon
lambrusco o del Fortana. E' un vino
frizzante le cui viti crescono in riva
al fiume Taro ed è facilmente
digeribile.
- Vada per il Fortana.
- Una bottiglia o lo
preferisce sfuso?
- Basta un quartino.
- Okay! Torno subito.
La ragazza si era
allontanata sculettando, accentuando il
movimento delle anche, come se volesse
attirare l'attenzione su di sé. Eppure
non aveva bisogno di utilizzare simili
espedienti perché era anche troppo
carina per la sua giovane età.
Mentre era in attesa che
gli servissero il pranzo Augusto si era
messo a consultare l'agenda di lavoro da
cui non si separava mai. Lo sguardo gli
era caduto sui nomi dei medici condotti
a cui avrebbe fatto visita durante il
pomeriggio. Aveva sospeso la lettura
quando la ragazza si era premurata di
collocare una fondina colma di
minestrone di pasta e fagioli davanti a
lui.
- Il profumo è buono.
- Aveva dei dubbi?
- No, affatto, specie se a
soddisfare il mio palato è una ragazza
bella come lei.
- Già.
- Spero di non averla
offesa, volevo solo complimentarmi per
il suo sex-appeal.
- E poi?
La ragazza si era
allontanata lasciandolo di stucco,
rispondendo a una domanda con un'altra
interrogazione. Prima di oltrepassare la
porta della cucina l'aveva vista girare
il capo nella direzione dove era seduto,
dopodiché era scomparsa nella
stanza.
Ad Augusto gli era sempre
piaciuta la figa. Non si faceva scrupolo
di chiedere favori, anche in modo
sfacciato, alle donne che gli capitavano
a tiro. Con Flavia si era limitato a
cucirle addosso qualche complimento
ogniqualvolta la ragazza si era
avvicinata al tavolo per servirgli un
piatto. Aveva sbagliato nel considerarla
troppo acerba per un corteggiamento.
Infatti, ne avrebbe avuto conferma poco
più tardi.
Al momento di accomiatarsi
dall'agriturismo aveva pagato il conto
nelle mani del padre della ragazza
dimenticando persino di salutarla
occupata com'era nel servire i clienti.
Una volta fuori dalla
trattoria si era incamminato verso la
sommità dell'argine del fiume. Il Po,
con le sue acque torbide, metteva
sgomento solo a guardarlo. Sembrava
dovesse tracimare dagli argini da un
momento all'altro sommergendo le
campagne circostanti come era accaduto
nel lontano 1952.
Aveva percorso a piedi un
breve tratto dell'argine quando,
d'improvviso, aveva cominciato a
piovere. Dalla pioggia aveva trovato
riparo sotto il cornicione di una cabina
per la distribuzione dell'alta tensione,
rimanendo a guardare lo spettacolo del
fiume in piena, stregato dal turbinio
delle acque limacciose.
Si era avveduto della
presenza di Flavia quando la ragazza era
a pochi passi da lui. Indossava un
impermeabile incerato, giallo canarino,
completo di cappuccio e aperto sul
davanti. Sotto l'impermeabile indossava
la gonna e la camicetta che le aveva
visto addosso mentre serviva i clienti.
- Anche lei qui? - le aveva
detto incuriosito.
- Ti ho visto risalire la
strada che conduce sull'argine e ti ho
seguito. Ho fatto male?
- No, affatto.
- Sono venuta sino qui per
te.
- Per me?
- Sì, per te..
- Non capisco.
- Prova a immaginarlo.
Il corpo di Flavia era
caldo. Profumava d'arrosto e rosmarino.
Insolente e per niente imbarazzata la
ragazza gli aveva abbassato la lampo e
infilato la mano nella patta dei
pantaloni, poi gli aveva estratto il
cazzo.
- Ho voglia di scopare.
Vuoi farlo? - gli aveva sussurrato
all'orecchio.
Intorno a loro non c'era
anima viva, l'unico rumore che
percepivano era quello dell’acqua del
fiume. La ragazza aveva provveduto a
levarsi il perizoma facendolo scivolare
sotto le caviglie, confermando che non
era nuda sotto la gonna. Gli aveva
condotto la mano a contatto della figa
tentandolo con i caldi umori di cui era
pregna.
Lui aveva provveduto ad
avvolgerle le natiche con entrambe le
mani. Flavia era stata lesta a cingergli
gambe e caviglie attorno alla schiena,
poi aveva sospinto il bacino in avanti
lasciandosi penetrare. Lo aveva fatto
guidando con la mano la cappella nella
vagina e aveva serrato le cosce
attorno al cazzo come una morsa.
A lui la cosa aveva fatto
molto piacere. Infatti, aveva lasciato
che fosse lei a muoversi assecondandola
nei movimenti che imprimeva al bacino,
sorreggendola a fatica, puntellando la
schiena contro la parete della cabina
elettrica.
Aveva mantenuto gli occhi
socchiusi per tutto il tempo della
scopata, ansando per la fatica che gli
aveva procurato il mantenere
quell'insolita posizione. Guancia contro
guancia avevano ascoltato i rumori che
uscivano dalle loro bocche, infine
avevano cominciato a mordersi le labbra,
baciandosi fino al momento in cui si
erano separati in modo definitivo.
Passata l'iniziale sorpresa
aveva messo in gioco tutto se stesso
in quella scopata. Non gli era mai
capitato di dovere subire le attenzioni
di una ragazza giovane e assatanata come
Flavia. L'orgasmo era giunto liberatorio
dopo un po' che scopavano, quando le
forze necessarie a sorreggere il peso
della ragazza gli stavano venendo meno.
Il protrarsi dell'orgasmo gli aveva
squassato lo scheletro da capo a piedi,
ma prima di venire era riuscito a
gridare:
- Vengo... vengo...
Al sopraggiungere
dell'eiaculazione aveva cercato di
scostare il bacino della ragazza, ma lei
non ne aveva voluto sapere di sfilare il
cazzo dalla vagina. Infine, lo sperma era
uscito fuori dall'uretra ed era finito
tutto nella bocca di Flavia, prontamente
accovacciatasi ai suoi piedi, decisa a
non perdere una sola goccia della
sostanza depositata sulla cappella.
- Ci vediamo ancora, spero.
- le aveva detto.
- Può darsi. - aveva
risposto la ragazza mentre si
allontanava per fare ritorno alla
cascina.
- Posso sapere il tuo nome?
- Flavia.
- Bel nome.
*
* *
Augusto raggiunse il Passo della Cisa
dopo tre ore trascorse in sella alla
bicicletta. Una leggera pioggerellina
aveva reso scivoloso il manto stradale.
Prima di imboccare la via del ritorno si
mise al riparo sotto il cornicione di
una casa. Si nutrì con due tranci di
torta di marmellata e miele che si era
portato appresso.
L'unico bar rimasto aperto
al Passo della Cisa, dopo l'entrata in
funzione dell'autostrada Parma-Mare,
aveva le luci accese. Guardò attraverso
una delle finestre illuminate della
caffetteria e intravide una figura
femminile dietro il bancone.
Memore di quanto gli era
accaduto qualche giorno addietro, quando
si era fermato a pranzare
nell'agriturismo, pensò che era giunto
il momento di entrare nel locale per
bere un buon caffè caldo.
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