|
DOLCI
INGANNI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
giornata di Giancarlo era iniziata
quando la radiosveglia, sintonizzata
sulle onde di Radio RPR, diffuse nella
stanza da letto un brano di musica rock.
Lasciò che la moglie seguitasse a
dormire, raggomitolata sotto il piumino,
senza preoccuparsi di svegliarla. Scese
dal letto, attento a non fare troppo
rumore, e abbandonò la camera.
Entrò nella stanza da
bagno prima che la figlia ne prendesse
possesso, per una buona mezzora, come
era solita fare ogni mattina. Quella che
stava per iniziare era una giornata
speciale, perlomeno nelle
sue attese.
Mise piede nel box della
doccia, regolò il flusso dell'acqua
calda e la miscelò con quella fredda. I
vapori appannarono i vetri smerigliati
del box. Versò qualche goccia di
shampoo nella mano, dopodiché sparse la
soluzione di erboristeria
a base di Maizena
sul capo frizionando a lungo i capelli.
L'acqua calda lo scosse dal
torpore della notte restituendogli una
benefica sensazione di benessere.
Asperse di sapone liquido il petto e
proseguì a spargerlo sul resto del
corpo giovandosi della ruvidezza di una
spugna.
Tutt’a un tratto sentì
bussare alla porta del bagno con una
certa insistenza.
- Cazzo! Papà fai presto,
mi sto facendo la pipì addosso! - lo
implorò Valeria.
- Sì... Sì... Va bene, ho
quasi finito.
Quando uscì dal box della
doccia infilò l'accappatoio e con il
viso imperlato di gocce d'acqua si
affacciò alla porta del bagno.
- In questa casa non si può
stare in pace neppure quando si è sotto
la doccia. – disse, rivolgendosi alla
figlia quando se la trovò di fronte.
La ragazza, ormai
diciottenne, stazionava davanti alla
porta con addosso i pantaloni del
pigiama e una t-shirt su cui compariva
l'immagine di Snoopy.
- Ma si può sapere cosa ti
è saltato in mente? Di solito sei
l'ultimo ad alzarti da letto.
- Con ciò? E' forse
proibito alzarsi alle sette della
mattina in questa casa?
- Dai, papà, finiscila col
dire stronzate. Lascia che entri in
bagno. Mi sto facendo la pipì addosso.
- Passa, pure. E non
gettare l'assorbente nel water come fai
di solito!
- Papà!
Giancarlo fece ritorno
nella stanza da letto dove riposava la
moglie. Sollevò la serranda della
finestra e lasciò che la luce del
giorno facesse capolino nella camera.
Silvia rimase col viso
infossato nel cuscino, rannicchiata
sotto il piumino d'oca, senza darsi
premura di alzarsi da letto.
- Posso sapere dove hai
nascosto la camicia a righe bianche è
blu. Quella con i polsini e le doppie
asole. L'unica con cui posso accoppiare
i gemelli dorati. - disse Giancarlo. -
Sto dicendo a te. Ti spiace rispondermi?
Silvia stiracchiò gambe e
braccia sotto il piumino, poi ancora
assonnata si rivolse al marito.
- Non è nel primo cassetto
del comò?
- No! Altrimenti l'avrei già
trovata.
- Allora sarà fra le
camice da stirare. E' di là nel cesto
della biancheria.
- Cazzo! Eppure ti avevo
avvertita che oggi sono impegnato con il
congresso di radiologia. Ormai dovresti
saperlo che ai congressi indosso la
giacca blu in doppio petto con bottoni
dorati e pantaloni cenerini. Quella a
righe blu è l'unica camicia su cui
posso allacciare i gemelli dorati. Lo
sai, no?
- Se insisti mi alzo da
letto e te la stiro, va bene? - disse
risentita.
- Non importa. Per stavolta
ne indosserò un'altra.
Svegliata dal trambusto
provocato dal marito Silvia si alzò da
letto. In tutta tranquillità indossò
la vestaglie e andò verso la cucina.
Voglia di preparare la
colazione per lei e il resto della
famiglia ne aveva davvero poca, ma farlo
faceva parte dei suoi doveri di
casalinga e non poteva esimersi dal
farlo. Erano finiti i tempi in cui al
mattino si premurava di vestire Valeria
per accompagnarla a scuola. Ora che la
figlia frequentava il liceo, ed era
prossima all'esame di maturità, si
sarebbe messa a ridere se le avesse
proposto di accompagnarla a scuola.
A quarant'anni, come molte
donne della sua età, si sentiva
tremendamente sola. L'unica sua
occupazione, oltre a intrattenersi a guardare la tivù,
consisteva nel mantenere in ordine
l'appartamento di cento metri quadri
dove abitava.
Mentre Giancarlo era
occupato a scegliere il tipo di scarpe
da mettere ai piedi Silvia si occupò di
mettere a scaldare una tazza di latte
nel forno a microonde, poi accese il
fuoco sotto la moka. Tolse dal
frigorifero un vasetto di confettura di
lampone e un altro di mirtilli. Li
appoggiò sul tavolo della cucina dove
in precedenza si era premurata di
stendere la tovaglia, a quadri bianchi e
blu, insieme a un vasetto di miele di
acacia.
Prima di accomodarsi a
tavola tolse da un ripiano della
credenza un recipiente di vetro
trasparente, con dentro dei biscotti di
pastafrolla fatti da lei, e l'appoggiò
sul tavolo.
- Non ti sei rasato la
barba?
- Sono in attesa che quella
stronza di nostra figlia liberi il
bagno, poi me la raderò. Perché prima
o poi si deciderà a uscire da lì. -
disse a voce alta per farsi sentire
dalla figlia.
L'aroma penetrante del caffè
sprigionato dalla moka si diffuse per
tutta la cucina. Giancarlo si accomodò
al tavolo e rimase in attesa che Silvia
gli versasse il caffè nella tazza dove
lui si era premurato di versare un po'
di latte.
Prima di bere il
caffellatte stese un po' di marmellata
di mirtilli sopra una fetta di pancarrè.
Quando Silvia si versò il caffè lui ne
aveva consumato due porzioni ed era
pronto a intingere i biscotti di
pastafrolla nel caffellatte.
- Hai molto appetito oggi.
Che ti succede? - disse Silvia dopo
essersi accomodata al tavolo.
- Ti riferisci al congresso
di radiologia?
- E che altro?
- Lo trovi strano?
- Non ti ho mai visto
consumare una colazione così
abbondante.
- Il mio discorso è
previsto verso mezzogiorno. Non voglio
arrivare a quell'ora con i crampi allo
stomaco.
- Giusto! Fai bene. E dove
si tiene il congresso?
- Alla sala convegni
dell'Hotel Puccini.
Giancarlo stava
sorseggiando il caffellatte quando sulla
porta della cucina comparve Valeria. La
ragazza era vestita con una minigonna
che a malapena le nascondeva il pube.
Una maglietta bianca, semitrasparente,
da cui sporgevano i capezzoli,
appuntiti, le copriva le tette.
- E tu lasci che nostra
figlia si presenti a scuola conciata in
questo modo? - disse Giancarlo alla
moglie.
- Ricominci con questa
storia? Ecchecazzo! Ti stai rendendo
ridicolo, lo sai? - ribatté Silvia.
- Mamma, ti prego, lascia
che si crogioli nei suoi lamenti da uomo
maturo. E' tempo perso mettersi a
discutere con chi ha una mentalità da
vecchio rimbambito come la sua.
- Eh, sì, tanto sono un
imbecille, vero?
- Mah! - rimbrottò Silvia
cercando di fare da paciere fra padre e
figlia.
Una volta alzatosi da
tavola Giancarlo andò a rinchiudersi
nel bagno. Il litigio con moglie e
figlia lo aveva messo di cattivo umore
in una mattina che doveva essere
speciale, perlomeno nelle sue
aspettative.
Gli occorse poco tempo per
radersi la barba. Frizionò le guance e
il collo con il dopobarba e per ultimo
profumò i peli del pube con la stessa
sostanza profumata.
Quando uscì dal bagno
Valeria era già uscita di casa. Si
trasferì in camera e cominciò a
vestirsi. Era intento a infilarsi i
pantaloni quando Silvia si affacciò
sulla porta.
- Posso andare in bagno
adesso?
- Non ci sei ancora andata?
- In questa casa sono
sempre l'ultima in tutto. Non c'è mai
nessuno che si occupì di me.
Alle otto, prima di uscire
di casa, Giancarlo bussò alla porta del
bagno da cui giungeva il rumore dello
scorrere dell'acqua.
- Sei ancora viva?
- Sì, puoi entrare. -
disse Silvia sottratta alla vista di
Giancarlo dal vetro smerigliato della
doccia.
- Lascio la macchina in
garage. Se hai bisogno di muoverti in
città puoi adoperarla. Stamani non mi
trovi in ospedale. Al centro congressi
ci vado in autobus, è più comodo. Ci
vediamo stasera.
- Va bene, ciao.
Giancarlo afferrò la borsa
ventiquattrore e uscì da casa dopo
avere indossato il cappotto. Scese in
ascensore fino a raggiungere piano
terra, ma non proseguì nella direzione
del portone che si affacciava sulla
strada. Aprì la porticina che conduceva
nello scantinato e proseguì sino alla
porta della cantina di sua proprietà.
Nell'angusto locale, contornato da
carabattole di ogni tipo, rimase in
attesa di riprendere il cammino verso il
pianerottolo dove abitava.
Alle nove lasciò la
cantina. Risalì le scale sino a
raggiungere il quarto piano, attento a
non fare rumore. Per nessuna ragione al
mondo avrebbe voluto farsi scoprire dagli
inquilini del condominio mentre risaliva
i gradini delle scale. Quando si trovò
dinanzi alla porta dell'appartamento,
posto di fronte a quello della propria
abitazione, diede una leggera spinta
all'uscio, lasciato opportunamente
socchiuso, ed entrò nell'appartamento.
Carmen lo stava aspettando
e gli venne incontro. Addosso aveva
soltanto un intimo di pizzo nero che a
Giancarlo mise subito il fuoco addosso. La donna chiuse l'uscio alle
spalle dell'ospite e gli strinse le
braccia attorno il collo.
- Tutto bene? - chiese
Giancarlo prima di accostare le labbra a
quelle dell'amante.
- Sì, mio marito è andato
al lavoro. Tornerà soltanto nel tardo
pomeriggio. Abbiamo quattro ore a nostra
disposizione. - ansimò.
Era la prima volta che si
incontravano fra le mura di
quell'appartamento. Sino ad allora
avevano fatto l'amore nell'abitacolo di
un'automobile o nella stanza di qualche
albergo a ore. Carmen detestava
incontrarsi negli hotel di campagna
perché associava quei luoghi a qualche
forma di prostituzione, ma non avevano
altre alternative se volevano scopare.
Entrando nell'appartamento
Giancarlo aveva provato un certo
imbarazzo. Lo aveva superato soltanto
quando si era trovato di fronte a Carmen
di cui era l'amante da un paio di mesi.
La loro relazione era cominciata un
giorno che si erano trovati per caso
nell'ascensore. In quella occasione lui
l'aveva invitata a consumare un caffè
al bar sotto casa per discutere di un
problema condominiale. Quel giorno la
passione li aveva travolti e non avevano
fatto niente per arrestarne il decorso.
Erano ansiosi di fare
l'amore e scambiarsi quelle coccole che
i rispettivi consorti sembravano negare
a entrambi. Carmen cominciò a tremare
mentre Giancarlo la stringeva a sé. Il
cuore gli batteva forte ed era come
impazzito. Fece scivolare la mano
attraverso il sottile elastico delle
mutandine dell'amante. Sfiorò con
l'estremità delle dita le labbra della
vagina e le intinse nei fluidi di cui era
satura.
- Sei bagnata fradicia.
- Ti spiace?
- Al contrario. - le
sussurrò all'orecchio.
Carmen gli sbottonò il
cappotto e pose la mano sulla patta
gonfia.
- Anche tu non scherzi, eh?
- disse dandosi da fare nel calargli la
lampo dei pantaloni.
Quando gli prese in mano il
cazzo le loro lingue si erano già
intrecciate, titillandosi ripetutamente
una contro l'altra, accrescendo il
desiderio che avevano entrambi di
scopare.
Giancarlo aveva da poco
superato i cinquant'anni. Carmen di anni
ne aveva solo trenta. Considerando la
differenza di età avrebbe potuto essere
padre e figlia, ma baciarsi li eccitava
fino a stare male.
Continuarono a frugare con
la lingua nella bocca dell'altro
trapassati da spasmi e tremori che ne
accrescevano l'eccitazione. Corsero il
rischio di scopare sul pavimento,
all'ingresso dell'appartamento, tanto
era intensa la voglia di congiungersi,
ma Carmen si staccò da lui. Tenendolo
per mano lo condusse nella stanza da
letto e si fermò sulla porta.
I tendaggi collocati
davanti alla portafinestra del balcone
filtravano la luce di una giornata
grigia conferendo morbidezza a tutto
l'ambiente. Giancarlo si soffermò a
guardare il letto di ferro battuto,
identico al proprio, la cui spalliera
poggiava contro la parete che confinava
con la sua stanza da letto. Un
copripiumino, colore della panna, con
raffigurati dei minuscoli fiori rossi
era steso sul materasso.
Da quando erano amanti era
la prima volta che metteva piede in
quella stanza. Nelle precedenti
occasioni in cui era stato ospite si era
soffermato all'ingresso
dell'appartamento e sempre in compagnia
di Silvia. Stavolta erano soli lui e
Carmen, e non vedeva l'ora coricasi sul
letto.
Stando dall'altra parte
della parete gli era capitato spesse
volte di ascoltare i gemiti di piacere
di Carmen mentre scopava con il marito.
In più di una occasione si era eccitato
ad ascoltarla, ma non glielo aveva mai
voluto raccontare.
Stesi sul letto, sul
fianco, nudi uno di fronte all'altra,
coscia contro coscia, si cercarono
sfiorandosi delicatamente con l'estremità
delle mani, accrescendo il proprio e
l'altrui piacere.
Carmen era una donna piena
di calore. Era brava a fare l'amore, più
di Silvia, e di questo Giancarlo ne era
consapevole. In più di una occasione,
mentre scopavano, lei gli aveva ficcato
un dito nel culo, circostanza che con
Silvia gli succedeva di rado. Infatti,
nonostante fossero sposati da vent'anni,
lei si vergognava a farlo. Quando lo
faceva era perché lui glielo chiedeva.
Carmen invece non faceva troppe storie,
neppure per essere sodomizzata.
Seguitarono ad accarezzarsi
e baciarsi sbavando lingua e saliva
nella bocca dell'altro. A Giancarlo il
cazzo gli martellava fra le cosce fino a
fargli male. Carmen sembrava provarci
gusto nello sfiorargli la cappella con
le dita producendogli una lunga serie di
fremiti.
Giancarlo non le era da
meno perché insistette a toccarle il
bocciolo del clitoride. Tutt'a un tratto
Carmen gli pose entrambe le mani sopra
il capo e glielo spinse verso il basso.
Giancarlo lasciò cadere le guance fra
le cosce della donna e cominciò a
leccarle la figa. Succhiò il clitoride
a lungo, conducendola a più di uno
orgasmo in breve successione.
Quando Carmen si riprese
dall'ebbrezza provocatale dai ripetuti
orgasmi si installò col culo a cavallo
delle cosce di Giancarlo nella posizione
dello smorzacandela. Insaziabile cominciò
a strofinare la figa contro il cazzo,
ritto come un palo della luce, attenta a
non farsi penetrare.
Le mani stese sul torace di
Giancarlo le servirono per tenerlo a
distanza, ma anche a comprimergli i
capezzoli accrescendo in questo modo il
desiderio che aveva di penetrarla.
Rimasero a lungo in quella posizione
ansimando come animali. Quando Carmen
strinse il cazzo nella mano e lo
condusse dentro di sé fu il finimondo.
Seguitarono a scopare
ininterrottamente fino allo sfinimento.
Quando si ripresero si ritrovarono nudi
con il piumino avviluppato ai piedi.
Il corpo di Carmen era
imperlato di sudore, desiderabile come
quello di una dea. A Giancarlo sembrò
la cosa più bella che gli era capitata
nella vita.
Nel silenzio della stanza
udirono degli strani rumori provenire
dalla parete alle loro spalle, quella
confinante con la stanza da letto
dell'appartamento di Giancarlo. Lui
accostò l'orecchio alla parete dando
forma a una piccola cassa di risonanza
utile per meglio udire i suoni.
L'ansimare era quello di
sua moglie, parzialmente coperto dal
rumore del letto che sbatteva a cadenza
regolare contro la parete. E tutto gli
fu chiaro.
|
|
|