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CUORI
GELIDI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Le
note di una musica sudamericana,
sospinte da una brezza di vento,
giungevano all'orecchio di Ettore
appostato dietro il fusto di un grosso
albero. Il suono proveniva da una
station wagon parcheggiata in una radura
della fitta boscaglia. L'automezzo
appoggiava le ruote su un terreno
scosceso, con la parte anteriore, quella
del muso, che pendeva in avanti in un
insolito assetto sghembo.
La luna, nel suo ultimo
quarto, illuminava i solchi tracciati
dalle ruote nel terreno durante la corsa
nell'erba. Chi era alla guida della
station wagon aveva deviato dalla strada
provinciale e condotto l'autovettura
attraverso la macchia fino a raggiungere
la radura.
Ettore osservava la station
wagon con una certa diffidenza in attesa
che giungesse il momento opportuno per
avvicinarvisi. Dall'interno
dell'autovettura non giungevano rumori
di voci, neppure movimenti di persone.
Questo stato di cose lo aveva reso
sospettoso, senza però distoglierlo
dall'intenzione di avvicinarsi
all'abitacolo.
In una precedente
occasione, nello stesso luogo, era
incappato in una coppia di gay appartati
in macchina a scopare. Avvedutisi della
sua presenza l'avevano rincorso e
massacrato di botte. Quella disavventura
lo aveva reso ancora più prudente,
soprattutto quando metteva in atto le
manovre di avvicinamento ai veicoli.
Dopo quello sfortunato
episodio procedeva con estrema prudenza,
gattoni sull'erba fino a raggiungere la
parte posteriore delle automobili,
dopodiché prestava orecchio ai gemiti e
alle parole che fluivano copiose dalle labbra
degli amanti, infine dava sfogo al
proprio piacere masturbandosi mentre
dentro l’abitacolo le coppie facevano
l'amore.
Messa da parte ogni remora
abbandonò la postazione che occupava
dietro l'albero. A passo di leopardo
avanzò sul terreno sfiorando col palmo
delle mani i fili d'erba umida di
rugiada. Nella manovra di avvicinamento
il cazzo, duro com'era, gli era
d'impiccio nei movimenti. La cappella
seguitava a sfiorargli le cosce
accrescendogli lo stato di eccitazione.
Era curioso di scoprire chi
si celava nell'abitacolo
dell'autovettura deciso com'era a
masturbarsi mentre gli occupanti
facevano l'amore. Raggiunse la parte
posteriore della station wagon con il
cuore che gli pulsava in maniera
scomposta nella gabbia toracica. Gli
succedeva ogni volta che veniva a
trovarsi in quella situazione.
Si fermò accanto a una
ruota, quella posteriore, sul lato
opposto al posto del guidatore. Era lì,
su quel versante delle autovetture, che
era solito imbattersi nel corpo delle
donne. Abbassò la lampo dei pantaloni e
liberò il cazzo, poi iniziò a
masturbarsi.
Il rumore della musica era
così assordante da provocare vibrazioni
alle lamiere della carrozzeria. Stava
carezzandosi la cappella quando la
musica cessò di colpo. Nessun altro
motivo musicale fece seguito a quello
appena concluso.
Proseguì a menarsi
l'uccello, presumendo che gli occupanti
fossero impegnati a fare cose più
piacevoli che dedicarsi al cambio del
CD.
Aveva iniziato a toccarsi
con l'intenzione di raggiungere l'apice
del godimento nell'attimo in cui avrebbe
esplorato con i propri occhi l'interno
dell'abitacolo. Gli restava poco tempo
per eiaculare, poi avrebbe sborrato
sulle lamiere della macchina o sui
pneumatici, com'era solito fare ogni
volta che veniva a trovarsi in quella
situazione.
Mantenendo stretto il cazzo
nella mano sollevò il capo fino a
raggiungere il vetro della portiera
appena sopra la ruota posteriore della
vettura.
Gli occupanti della station
wagon erano due: un maschio e una
femmina. Stavano supini, nudi, uno di
fianco all'altro, immobili, come fossero
addormentati. Il chiarore lunare
colorava i corpi dispensandogli una
sfumatura pallida.
Ettore, forte della
competenza che gli derivava dal proprio
mestiere, ebbe un presentimento. Si alzò
ritto in piedi, posò ambedue le mani
sul margine superiore della carrozzeria
e scosse più volte il veicolo, pronto a
fuggire nel caso ci fosse stata una
reazione da parte degli occupanti. Ma
dall'interno dell'abitacolo non giunse
alcun segnale di vita. Tolse da una
tasca la torcia elettrica di piccole
dimensioni che era solito portarsi
appresso durante le sue peregrinazioni
notturne. Indirizzò il fascio luminoso
nella direzione del corpo della donna
reclinato sul sedile della vettura.
Focalizzò il raggio di luce verso il
pube e rimase a fissare quel tratto del
corpo.
Un sottile strato di peli
arruffati di colore scuro, a forma di
triangolo, delimitavano le labbra della
fica. Spostò il fascio verso l'alto e
illuminò il volto della ragazza. Gli
occhi erano spalancati, la bocca
semiaperta. Indirizzò il raggio
luminoso sull'uomo. Quest'ultimo stava
supino accanto al corpo della ragazza
col viso riverso sulla spalla di lei.
Era di giovane età, come la ragazza.
Quando aprì la
portiera anteriore dell'auto la luce
della plafoniera si accese e illuminò
l'interno della station-wagon.
Nell'abitacolo non c'era alcuna traccia
di segni di lotta né di sangue. Tastò
il polso della ragazza e lo sentì
ancora tiepido, ma del tutto privo di
pulsazioni. Abbandonò il braccio della
poveretta e andò a tastare con le dita
la vagina impudicamente esposta. Esaminò
le labbra con l'abilità di chi è
abituato a compiere quell'atto più
volte al giorno e non si meravigliò
quando si avvide che era bagnata.
Afferrò il cazzo rappreso
dell'uomo, coricato accanto alla donna,
deciso a sincerarsi se c'erano tracce di
sperma. La cappella era lorda di liquido
seminale.
La situazione in cui era
venuto a trovarsi gli era abbastanza
famigliare. Afferrò la ragazza per le
ascelle e la trascinò nel prato. Il
corpo esile della fanciulla gli facilitò
il compito durante il trasporto.
Soltanto quando adagiò il cadavere sul
terreno erboso si rese conto che dietro
la nuca, mischiato ai capelli della
fluente capigliatura, stava raggrumato
del sangue non ancora coagulato. Le
divaricò le gambe e s'inginocchiò nel
mezzo, poi stette a rimirare il corpo
nudo della giovane illuminato dalla luce
della luna.
Le fattezze della ragazza
erano minute. Pose le dita sulla vagina
e sfiorò il clitoride. Il minuscolo
corpo erettile era retratto, infilò due
dita nella vagina ancora umida e si
perse a godere del contatto della
stretta apertura di carne. Il corpo
della ragazza non aveva ancora raggiunto
la rigidità cadaverica e di questo ne
fu contento.
Eccitato dalla bellezza del
corpo della giovane strinse nella mano
il cazzo che gli pulsava in maniera
ossessiva, conscio che l'unico modo per
calmare l'ansia che si portava addosso
era di scopare la ragazza al più
presto.
Sollevò il bacino della
fanciulla e l'accostò a sé. Con le
natiche della giovane leggermente
sospese infilò il cazzo nella fica
senza incontrare nessuna resistenza
essendo la mucosa interna ancora umida.
Iniziò a scoparla senza mai
interrompere la sua azione. Venne poco
dopo sborrandole nella vagina, senza
preoccuparsi degli spruzzi di sperma che
lasciò cadere nella cavità.
Una volta portata a termine
la scopata sollevò il cadavere e lo
rimise nell'abitacolo dell'autovettura,
adagiandolo sul sedile accanto a quello
del suo innamorato. Prima di
allontanarsi pigiò il tasto play del
lettore CD, a fianco del pannello di
guida, come fosse sua intenzione
perpetuare il disegno dei due innamorati
di ascoltare musica.
Si allontanò dalla radura
e raggiunse la propria autovettura
parcheggiata a un centinaio di metri dal
punto in cui si era imbattuto nei
cadaveri. Si mise alla guida del Bmw,
accese il motore e imboccò la strada
che conduceva in città, distante solo
una decina di chilometri.
Era mezzanotte quando
transitò dinanzi alle mura di cinta del
policlinico. Fra poche ore sarebbe
tornato a lavorare all'Istituto di
Medicina Legale. Lì occupava il posto
di Direttore dell'Istituto
Universitario. Sarebbe toccato a lui
praticare l'autopsia ai due cadaveri
quando la polizia li avrebbe ritrovati.
Solo allora avrebbe avuto la prova certa
delle cause che avevano provocato il
loro decesso, ed era curioso di
conoscerle.
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