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ATTRAZIONE
PROIBITA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Alla
fermata della Gare de l'Est, nel 10°
arrondissment, ero scesa dal convoglio
della métro, diretta all'ospedale di St.
Lazare, quando mi sembrò di scorgere
mamma in compagnia di Maurice, il mio
ragazzo.
D'acchito la cosa mi sembrò
abbastanza strana. Camminavano sul
marciapiede del boulevard de Strasburg
nella direzione opposta a quella della
stazione ferroviaria da cui provenivo.
Allungai il passo per raggiungerli,
incuriosita dall'insolita presenza di
entrambi in quella zona della città.
Ero prossima a raggiungerli, ormai ero a
pochi passi, quando mi resi conto che
mamma stringeva nella mano quella di
Maurice occultata nella manica della
pelliccia.
Una vampata di calore mi
tinse le guance. Rallentai il
passo sino a fermarmi, incredula di
fronte a ciò che vedevano i miei occhi.
Lasciai che mamma e Maurice
guadagnassero un certo vantaggio, poi li
seguii dappresso mantenendomi a una
certa distanza per non farmi scorgere.
Avrei voluto bloccarli,
piazzarmi davanti a loro, e urlargli tutto il mio disprezzo, invece
misi da parte la rabbia che serbavo in
corpo e li pedinai per conoscere dove
erano diretti.
Abbandonarono il boulevard
e imboccarono Rue de la Fidélité senza
curarsi delle persone che gli stavano
d'intorno. Non li persi di vista un solo
istante, attenta a non farmi scorgere,
mentre si cercavano ripetutamente con
gli occhi senza accorgersi della mia
presenza alle loro spalle.
Camminavano a passo spedito
e non riuscivo a immaginare lo scopo di
quello spostarsi così di fretta, anche
se faticavo ad accettare l'idea che fra
i due potesse esserci una liaison.
Attraversarono Faubourg St.
Denis, dopodiché imboccarono Rue de
Paradis. Tutt'a un tratto entrarono in
un portone e scomparvero alla mia vista.
Soltanto quando raggiunsi l'edificio mi
avvidi che si trattava di un piccolo
albergo a ore. Allora tutto mi fu
chiaro.
Non rimasi ad attendere che
uscissero dall'hotel. Tornai sui miei
passi, e con le lacrime agli occhi
infilai Faubourg St. Denis, poco dopo
ero all'ingresso dell'Hopital St. Lazare.
Quando verso sera feci
ritorno a casa trovai mamma in cucina
impegnata nei preparativi della cena.
Dopo che papà era fuggito di casa,
per andare a convivere con un'altra
donna, eravamo sole e mi ero
abituata all'assenza di un uomo fra le
mura domestiche. Soltanto Maurice veniva
a farci visita.
C'ero andata a
letto la prima sera che c'eravamo
conosciuti. La nostra storia andava
avanti fra alti e bassi da qualche mese.
Non gli ero fedele e lui lo sapeva
benissimo, infatti, se mi capitava l' occasione di fare
sesso con
dei coetanei non me la lasciavo scappare. Lo
stesso faceva lui, ma non potevo
immaginare che scopasse anche con mamma.
Entrando in cucina riuscii
a contenere la rabbia che mi rodeva
dentro. Volevo scoprire cosa stava accadendo intorno a me, e l'unico mezzo
che avevo a disposizione per conoscere
la verità era di fingere di non sapere
nulla della loro tresca. Più di tutto
m'interessava capire chi era stato dei
due a fare il filo all'altro. Mia madre,
forse.
- Sei tornata a casa tardi
stasera. Mancano pochi minuti alle otto,
lo sai? - disse quando mi vide
sulla soglia della cucina.
- Ho incontrato delle
amiche e abbiamo fatto tardi. E tu sei
qui da parecchio tempo?
- Beh, sì, è già da un
po'.
- Hai fatto shopping?
- Sono andata a Les
Galeries Lafayette, poi ho visitato La
Samariteine. In entrambi i magazzini non
ho speso granché, in compenso ho visto
tante belle cose.
- Lo immagino.
Abbandonai la cucina e
m'impegnai ad apparecchiare la tavola.
Mamma mise a scaldare del petto di pollo
al sidro e una casseruola colma di
zucchine. Un grembiale a pettorina, con
dei fiorellini rossi e gialli, le
copriva l'addome ed il petto. Sotto
indossava il medesimo tailleur che le
avevo visto addosso nel pomeriggio,
segno evidente che aveva fatto ritorno a casa
tardi e aveva avuto poco tempo per
cambiarsi, al contrario di quanto aveva
affermato. Mi soffermai a osservarla con
occhi diversi da come ero solita fare
perché non mi era mai capitato di
pensare a lei come a una rivale.
I suoi quarantadue anni li
portava bene. Il corpo non era quello di una ragazzina, ma in compenso
non avrebbe sfigurato al cospetto di
molte mie coetanee. In altre occasioni,
vedendola nuda, mi ero stupita
nell'osservare la grazia che sprigionava
il suo corpo. Non era dotata di tette
voluminose, anzi, tutt'altro, ma
l'areola dei capezzoli pigmentata di
rosa era piuttosto piccola con la punta
in rilievo. I fianchi erano stretti, le
natiche sporgenti quanto basta da
attirare su di sé l'attenzione degli
uomini e non solo. La sua pelle era
liscia e morbida come la seta, al
contrario della mia, e non aveva
necessità di fare tanto spesso la
ceretta come succede a me.
Dopo il divorzio con papà
mamma aveva intrattenuto diverse
relazioni amorose, e la cosa non mi
aveva scandalizzata, ma non avrei mai
immaginato che potesse scopare con
Maurice.
- Che hai fatto oggi? -
disse quando a cena occupai la sedia di
fronte a lei.
- Niente di speciale, sono
andata a fare visita a Catherine. E'
ricoverata all'ospedale.
- Catherine?
- Certo che la conosci, è
una delle mie compagne di università.
E' stata qui a studiare
insieme a me. Ma sì, dai, è quella
ragazza bionda che indossa gonne
cortissime e non ha mai le mutande. -
aggiunsi.
- Un po' puttana, allora...
- Non più di tante altre
donne di mia conoscenza.
- Beh, una che va in giro
senza mutande e una gonna cortissima
cos'è?
- Non capisci un cazzo,
mamma. Lasciamo stare, va!
- Hai detto che è
ricoverata in ospedale?
- Sì, al St. Lazare, le
hanno asportato una cisti ovarica.
- Adesso sta bene?
- Sì.
Nel momento in cui svelai
il nome dell'ospedale in cui Catherine
era ricoverata guardai negli occhi mamma
persuasa di scorgere sul suo viso un
segno di disagio, invece andò avanti a
conversare come se niente fosse.
- Stasera esci con Maurice?
- Sì, penso che verrà a
prendermi se non è troppo stanco...
- Dove andate?
- Non lo so, magari andiamo
al cinema.
- Torni tardi?
- Può darsi, dipende se ci
fermiamo a casa sua. - rimarcai.
- Ah, bene, però se stai a
dormire da lui avvisami, non farmi stare
in apprensione com'è capitato in altre
occasioni,
capito!
- Va bene, mamma.
Mi sollevai dalla sedia e
mi sporsi in avanti per prendere la
saliera. Stavo per afferrare il vasetto
dove era conservato il sale quando notai
una striscia violacea attorno al collo
di mamma che non avevo notato al
mattino. Il livido era velato da un
doppio giro di perle che reggeva al
collo, del tutto inadeguate a mascherare
l'ecchimosi.
- Accidenti, mamma! Ma che
hai fatto al collo?
- Ah, qui. - disse
indicando con le dita il livido attorno
al collo.
- Sì, lì.
- E' una allergia. - disse
con un certo imbarazzo.
- Allergia? Uhm... Da cosa?
- Colpa di una catenella
argentata che ho indossato quando sono
uscita di casa. Al ritorno mi sono
trovata con questa striscia di livido
sul collo.
- Speriamo che non sia
niente di grave. - dissi.
Aveva mentito. Mia madre si
era inventata tutto. Il livido che aveva
sul collo era uno strascico
dell'incontro pomeridiano con Maurice,
ne ero certa, ma non glielo dissi.
Afferrai la saliera e distribuii il sale
sui tranci di petto di pollo che stavano
sul piatto davanti a me. Spezzettai la
carne col coltello senza distogliere lo
sguardo dalla striscia di pelle scura
che circondava il collo di mamma.
Tutt'a un tratto mi furono
chiare le ragioni delle ecchimosi che
sovente deturpavano il suo corpo. In più
di una occasione avevo notato la
presenza di lividi, ferite ed
escoriazioni sulla pelle, ma non mi era
mai passato per la mente che potesse
esserci una relazione fra le ecchimosi
ed i suoi occasionali partner, neanche
mi ero interessata di sapere chi
frequentava e dove andava. Pensavo che i
lividi fossero causati da una fragilità
dei capillari sanguigni e forse, in
parte, era vero.
La striscia di pelle
violacea attorno al collo doveva essere
frutto di una pratica erotica, a questo
pensai d'acchito. Mamma e Maurice erano
due pervertiti, non poteva essere
altrimenti, e la cosa mi sorprese non
poco. Ero a conoscenza delle storie di
sesso giocate durante i festini sadomaso
organizzati dagli studenti all'università,
ma non mi era mai passato per la testa
l'idea di parteciparvi, nemmeno Maurice
aveva fatto cenno a questa possibilità.
Doveva essere stata mamma a condurlo su
quella strada, ne ero certa.
Procurare dolore al proprio
partner, entro certi limiti, lo
consideravo un evento piacevole, più
volte Maurice aveva affondato le unghie
sulle mie cosce allargandole mentre mi
scopava. La stessa cosa l'avevo fatta
anch'io artigliandolo sulla schiena con
le unghie, colmandolo di morsi sul collo
e nel resto del corpo, facendolo urlare
per il dolore, ma dannarsi l'anima
praticando del sadomasochismo lo
consideravo assai pericoloso.
A conclusione della cena
aiutai mamma a riordinare la cucina
prendendomi cura di lavare piatti e
tegami, dopodiché m'infilai sotto la
doccia. Avevo a disposizione all'incirca
un'ora prima che Maurice si presentasse
sotto le mura di casa per condurmi in città.
Impiegai il tempo a navigare in internet
andando alla ricerca di illustrazioni e
chiarimenti sul bondage. Più di tutto
m'interessava acquisire conoscenze sui
luoghi d'incontro di chi a Parigi lo
praticava, e non fu difficile trovare ciò
che cercavo.
Mi sarebbe piaciuto entrare
in relazione con un mondo che
consideravo estraneo al mio, anche se
dopo quanto era accaduto fra mia madre e
Maurice non lo era più. Da un giorno
all'altro avevo scoperto di non
conoscere niente della vita privata di
mia madre e desideravo capire chi fosse
realmente.
Quella sera mi prese la
smania di vestirmi in modo bizzarro. Non
indossai il reggiseno e nemmeno le
mutandine, misi una gonna cortissima di
pelle nera e una camicia sbottonata sul
davanti, con le tette in bella mostra.
- Beh, che fai? Esci
conciata in questo modo? - disse mamma
quando mi vide uscire dalla
camera.
- Perché? Cosa c'è di
strano?
- Hai le tette fuori.
- E allora?
- Vestita così sembri uno
di quei transessuali che battono a Bois
de Boulogne.
- Non t'immagini che
effetto farò con la pelliccia addosso.
- dissi.
- Lo immagino... Lo
immagino.
Maurice suonò il
campanello di casa poco prima delle
dieci. Nonostante le mie insistenze
rimase ad attendermi giù nella strada.
- Ciao! - dissi quando lo
trovai in piedi davanti all'auto.
- Accidenti come sei carina
stasera. - disse esaminandomi da capo a
piedi.
- Visto?
Arginai la rabbia che mi
rodeva e gli diedi un bacio sulle
labbra.
- Dove andiamo? - dissi una
volta salita in macchina.
- Dove vuoi tu.
- Stasera ho voglia di fare
pazzie. Andiamo a fare visita a uno dei
ritrovi di chi pratica il BDSM? Ce n'è
un gran numero di club e bar in città,
perlomeno l'ho sentito dire. Che ne
pensi?
- Non lo so, non ne
conosco...
- Prima di uscire ho
telefonato a Mylène. Me ne ha indicato
uno. Il Nautilus. Andiamo lì?
- E dove sta?
- Non preoccuparti, lo so
io.
- Ma...
Dopo tanto insistere
Maurice acconsentì ad accompagnarmi nel
locale su cui era caduta la mia scelta.
Il Nautilus è ubicato nel
Quartiere Latino, fra il boulevard
Saint-Michel e Rue Soufflot. Lo
raggiungemmo poco dopo. Quando misi
piede nel locale un gran numero di
persone occupava i tavoli, probabilmente
alla ricerca di occasionali partner con
cui praticare il BDSM, pensai nella mia
colpevole ingenuità. Non mi meravigliai
quando alcune ragazze salutarono Maurice.
Ci accomodammo a uno dei pochi tavoli
rimasti liberi e ordinammo della un paio
di birre .
- Sei contenta d'essere
venuta qua? - disse Maurice
- Ero curiosa, ne avevo
sentito tanto parlare, adesso mi sono
tolta questa voglia. Ma tu ci sei già
stato?
- Alcune volte con gli
amici. Nemmeno ricordavo dov'era
ubicato.
- Mylène mi ha spiegato
che la pratica del bondage comporta la
restrizione dei movimenti o
l'immobilizzazione totale del
subalterno, vero?
- Non lo so. Perché lo
chiedi a me?
- Mylène mi ha raccontato
che sono infiniti gli strumenti
utilizzati per legare e immobilizzare. Mi ha anche
confidato che le perversioni del bondage
sono sottili e sofisticate. Si gioca sul
lato psicologico e questo si traduce in
rilevanti stimoli fisici. Di solito i
partner non lasciano segni sulla pelle
perché si domina soprattutto la testa
di chi è sottomesso e di conseguenza
anche il corpo, ma la fantasia in questo
tipo di rapporti è tutto. La suspance
dell'attesa da parte della vittima,
l'odiare, il temere, e il desiderare
fanno parte del piacere del gioco.
- Mylène come fa a sapere
tutte queste cose? Lo ha mai praticato?
L'unica cosa che potrebbe accadere a
quella stronza è che le cingano un
foulard attorno alla bocca per impedirle
di parlare. Sono certo che lo
confonderebbe col bondage.
- Lascia stare, uffa! Non
interrompermi. Chi pratica il bondage fa
soprattutto uso di corde, catene,
manette, nastro adesivo, pellicole di
cellophane e...
- E... se finiamo di bere
questa birra e ce ne andiamo al cinema,
non sarebbe meglio? Al Rex proiettano il
film "Mauvais Sang" con Michel
Piccoli e la Binoche. Andiamo là?
- Lasciami gustare un po'
dell'ambiente, accidenti! Non ti
piacerebbe immobilizzarmi con delle
catene mentre facciamo l'amore?
- Ma cosa ti salta in mente
stasera?
- Le catene sono un simbolo
d’amore e schiavitù, lo sai no?
- Cosa ti fa pensare che io
lo sappia, eh?
- Niente è che mi
piacerebbe pervertirti.
- Perché?
- Perché sento d'essere
una sporcacciona.
- Da quando?
- Da stasera. Venendo in
questo posto ho scoperto di essere una
sodomita, che c'è di strano? Stanotte
anziché andare al cinema oppure
perderci a scopare
potrei decidermi ad andare in Rue Saint
Denis, entrare in un sexy-shop, comprare
un vestito in latex e poi frustarti e
sodomizzarti. Che ne pensi?
- La birra ti ha dato di
volta al cervello.
Vestita com'ero, con le
tette bene in vista, attirai su di me
gli occhi degli uomini che occupavano i
tavoli del Nautilus. Scelsi di giocare
un'altra delle carte che tenevo in serbo
e spiattellai alcune delle verità di
cui ero venuta a conoscenza.
- Oggi ho scoperto che
mamma fa l'amore con un uomo che le
pratica il bondage. Non so chi sia,
nemmeno m'interessa saperlo, sono cose
sue. Me ne sono accorta perché sul
collo le ha lasciato dei segni piuttosto
evidenti di un collare di cuoio o di un
guinzaglio di metallo. - dissi fissando
Maurice negli occhi per cogliere un
eventuale segno d'imbarazzo.
- La cosa non mi sorprende.
- Perché?
- Tua madre è una donna
sola, magari ha trovato un uomo che la
scopa e le ha lasciato qualche segno
sulla pelle.
- Tutt'intorno al collo?
- Perché, no?
- Capace di farle un livido
così profondo?
- Sì.
- Perché sì è fatta
cingere il collo con un collare? Mah!
- Le catene sono un simbolo
d'amore perché sono composte di anelli
tenuti insieme in modo indissolubile
l'uno all'altro. Il collare è un
simbolo di sottomissione ma è anche una
forma di umiliazione.
- Accidenti, ma allora ne
sai molte di queste cose.
- E' probabile che tua
madre sia affascinata dall'idea di
essere dominata e umiliata dagli uomini,
che ne sappiamo noi?
- Io invece godrei
nell'infliggere dolore ad altri. Sono
una sadica? Che ne pensi?
- Penso di sì, adesso però
andiamo via, dai.
- Va bene...
L'abitazione di Maurice
distava pochi isolati dal boulevard
Saint-Michel dove era collocato il
Nautilus. La giornata era ancora lunga a
morire, addosso avevo una dannata voglia
di succhiare il cazzo di
Maurice perché ero decisa a mostrargli quanto ci
sapevo fare.
Appena misi piede
nell'appartamento spinsi Maurice contro
una parete e gli fui addosso. Liberai la
patta dei pantaloni e gli tirai fuori il
cazzo. Mentre con una mano mi occupavo
di farglielo rinvenire avvicinai le
labbra alle sue e lo baciai. Maurice
condusse la mano sotto la gonna e mi
sfiorò la silhouette della figa. Ero
bagnata fradicia e dalla fessura mi
colavano umori filamentosi. Maurice si
affrettò a intingere le dita nel
fluido, poi le avvicinò alla mia bocca
impiastricciate di umore e io
incominciai a succhiare ognuna delle
dita.
I nostri baci si fecero più
appassionati. Seguitammo a barattarci la
lingua infilandola nella bocca
dell'altro, restando in piedi, vicino
alla porta d'ingresso della camera,
fintanto che feci l'atto
d'inginocchiarmi ai suoi piedi, ma lui
mi trattenne.
- Andiamo di là. - disse
Maurice.
- No... non voglio.
Mi liberai della gonna e
della maglia, e rimasi nuda. Mi trovai
inginocchiata ai suoi piedi col cazzo
stretto nella mano e la cappella
profumata di piscio davanti alla bocca.
Avevo una dannata voglia di praticare
del sesso orale e cominciai a leccargli
la cappella, ma non resistetti a lungo a
succhiare il cazzo per intero, quasi
fino alla radice.
Mentre lo spompinavo non
riuscivo a pensare ad altro che a farmi
inculare, non lo avevo mai permesso né
a Maurice né a nessun altro uomo per
paura o forse perché non volevo essere
giudicata troppo puttana, ma dopo quanto
avevo appreso sul conto di mia madre
volevo essere sodomizzata anch'io,
mostrandogli quanto poteva essere
soddisfacente farlo con un culetto
giovane come il mio piuttosto che con
quello di qualsiasi altra donna.
Infilai il cazzo nello
spazio fra le tette e cominciai a fargli
una spagnola. Mi sentivo tremendamente
puttana, godevo nell'ascoltare i gemiti
di piacere che uscivano dalla bocca di
Maurice. Tenere un cazzo infilato fra le
tette mi faceva crescere il senso di
possesso che nutrivo nei suoi confronti,
mentre a mia madre doveva succedere il
contrario perché si era sottomessa
accettando il ruolo di schiava mentre io
ero a mio agio in quello di dominatrice.
Avrei voluto frustarlo,
percuoterlo fino a fargli sanguinare la
pelle. Desideravo punirlo per quanto
aveva fatto con mia madre, a questo
pensavo mentre gli succhiavo il cazzo
sempre più eccitata.
- Andiamo a letto... -
disse.
Stavolta non mi opposi e lo
segui in camera. Mentre ci avvicinavamo
alla stanza da letto si liberò degli
indumenti abbandonandoli sul pavimento.
Maurice si mise supino sul letto ed io
gli fui sopra. Cominciai a strusciargli
la punta dei capezzoli, turgidi sul
petto, accrescendo la sua e la mia
voglia di scopare. Mi meravigliai nel
costatare quanto erano diventati duri a contatto
con la sua pelle. Continuai a lungo a
blandirlo con leggeri tocchi dei seni,
poi Maurice mi rivoltò sul letto e mi
mise carponi. Mi cavalcò da dietro
spingendo il cazzo nella figa estraendo
di continuo la cappella per penetrarmi
di nuovo accrescendo il piacere che gli
dava il ripetere la penetrazione.
Ascoltavo Maurice gemere di
piacere mentre scopava, cercando di
controllare l'orgasmo che montava dentro
di me, fintanto che Maurice lo raggiunse
ed io con lui. Alla fine venni e mi
accasciai sul letto inglobando fra le
labbra il cazzo gocciolante di sperma.
Il cazzo sembrava non
volerne sapere di ammosciarsi e dopo
ogni coito tornò a essere ancora più
duro. Non mi chiese d'incularmi, fui io
a reclamarlo e la cosa si verificò come
avevo messo in conto uscendo di casa
quella sera, anche se non provai nessun
piacere nell'essere sodomizzata perché
avrei voluto essere io a punire lui.
Restammo a letto fino a
tarda mattina quando il telefono squillò.
- Sì, è qui da me
signora, va bene... gliela passo. - E'
tua madre. - disse Maurice cedendomi il
ricevitore del coordles.
- Pronto.
Mamma si lamentò perché
al contrario di quanto le avevo promesso
non l'avevo avvertita che sarei rimasta
a dormire da Maurice. Restammo d'accordo
che sarei tornata a casa subito e così
feci.
Nei giorni seguenti
incominciai a pedinare mamma. Due volte
alla settimana si recava all'hotel di
Rue de Paradis per incontrarsi con
Maurice. Ma col tempo rese meno
frequenti quegli incontri, poi si
lasciarono definitivamente ed anch'io mi
cercai un altro moroso.
Le frequentazioni all'hotel
dove mamma era solita incontrarsi con
Maurice proseguono tuttora con altri
uomini amanti del genere sadomaso. Non
sono mai riuscita a sapere se Maurice
informò mamma di quanto sapevo sul suo
conto, ma non credo, altrimenti me lo
avrebbe confidato.
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