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MUTANDE
COMMESTIBILI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
notizia riportata sul
Corriere della Sera, a proposito di un
cittadino tedesco trovato morto,
soffocato da un paio di mutande
commestibili, mi aveva incuriosito.
L'estensore dell'articolo riferiva che
l'uomo, durante un convegno amoroso, si
era premurato di fare indossare
l'indumento intimo all'amante. Nel corso
dell'amplesso, il poveretto, aveva
proceduto a inghiottire i lembi del
tessuto, nutrendosene avidamente, mentre
era impegnato a sommergere di baci e
carezze il pube della donna.
Prima dello sfortunato
episodio, secondo quanto riferito dalla
donna, gli era capitato di
assaporare campioni di mutande
commestibili in altre occasioni, senza
mai incappare in nessun tipo di
inconveniente, ma stavolta, all'apice
dell'eccitazione, un frammento di
tessuto, anziché prendere la via
dell'esofago, aveva seguito quello della
trachea e l'aveva soffocato.
A nulla erano servite le
urla disperate della donna che si era
ritrovata il viso sgomento del compagno,
ormai cianotico, sopra di sé, senza
sapere cosa fare per soccorrerlo.
*
* *
Camminavo spedito sul marciapiede,
diretto verso casa, con il pensiero
rivolto alle mutande commestibili,
stupito nell'apprendere che ci fosse in commercio
questo particolare indumento
femminile. Considerai l'idea di fare
visita al più presto a un porno shop
per procuramene almeno un paio. Le avrei
fatte indossare, alla prima occasione, a
una delle donne con cui sono solito fare
l'amore. Mi sarebbe piaciuto
assaggiarle, magari prestando attenzione
a non ingozzarmi com'era accaduto al
cittadino tedesco.
Tutt'a un tratto, davanti
al chiosco dei giornali, a pochi passi
dalla mia abitazione, intravidi la
figura di Marilena. Osservava con
curiosità una delle vetrinette della
rivendita dove erano esposte delle riviste
pornografiche, e la cosa non mi stupì.
C'eravamo conosciuti
qualche mese addietro al Ruvido, un pub
alla periferia della città frequentato
da gay e lesbiche. In quella
occasione avevamo trascorso la serata
consumando un paio di birre, dopodiché
l'avevo invitata a trasferirci a casa
mia.
Quella notte, nel mio
letto, avevamo fatto sesso fino allo
sfinimento, poi alle prime luci del
mattino se n'era andata via. Più di
tutto ero rimasto sorpreso dai movimenti
della bocca, piuttosto piccola, mentre
mi succhiava il cazzo. In quella
occasione e anche nelle successive mi
aveva fatto godere con la bocca come
raramente mi è accaduto con altre
compagne di letto.
L'autobus della linea 9
arrestò la corsa alla fermata posta a
pochi metri dall'edicola. Tre o quattro
persone scesero dal mezzo pubblico e
presero direzioni diverse. Marilena
indossava una gonna cortissima, un paio
di sandali legati al piede con dei lacci
che salivano oltre la caviglia, e una
camicetta bianca con un ampio décolleté
che metteva in luce l'incavo fra le
tette. Quando mi vide, riflesso nella
vetrina dell'edicola, si girò e mi serrò
le braccia attorno al collo.
- Ciao! - disse facendomi
dono di un sorriso.
La morbidezza delle labbra
che lasciò cadere sulle mie avevano il
sapore del rabarbaro.
- E tu cosa ci fai qui? -
chiesi.
- Avevo voglia di vederti.
Ti spiace?
- No, anzi, mi fa piacere
averti vicina.
- Allora vengo su da te. Se
ti va.
- Non ho niente di pronto
da cenare.
- Uhm... non importa, ci
arrangeremo.
Mi prese sottobraccio e mi
trascinò verso il portone di casa.
- Dai, Lorenzo, andiamo su
da te, dai... - disse.
Trovarla ad attendermi
sotto casa mi aveva fatto piacere. Non
lo aveva mai fatto prima di allora. E
poi non facevamo coppia fissa, Marilena
era fidanzata con un architetto, ma
talvolta scopavamo insieme anche se era sempre
lei a cercarmi.
Mentre l'ascensore risaliva
i sette piani che conducono al
pianerottolo del mio appartamento non
trovai di meglio che farle una delle mie
domande balorde.
- Non dovresti essere a
casa del tuo fidanzato stasera? Oppure
non ci vai più il giovedì?
- Ho litigato con quello
stronzo!
- Avete litigato?
- Sì.
- Perché? - chiesi mentre
introducevo la chiave nella toppa della
serratura del mio appartamento.
- E' un porco, ecco quello
che è, ma non mi va di parlarne.
Appena mettemmo piede
dentro casa andò a sedersi sul divano.
Si liberò dei sandali e si sdraiò
sull'imbottitura di pelle.
- Vuoi qualcosa da bere? -
dissi.
- Birra, grazie.
Ritornai nella stanza poco
dopo stringendo nelle mani due Corona.
Andai a sedermi accanto a lei che
scostò le gambe per farmi spazio sul
divano.
- Vuoi fumare un po'
d'erba? - chiese.
Senza darmi il tempo di
rispondere tirò fuori dalla borsetta
una bustina di plastica. L'involucro
conteneva dell'erba. Appoggiò la
confezione sopra le ginocchia e aprì
una cartina per il tabacco. Distribuì i
frammenti sulla sottile striscia di
carta bianca fino a raggiungere la
quantità desiderata. Arrotolò la
cartina e inumidì con la saliva uno dei
lembi che si affrettò a fare aderire
alla superficie sottostante, dopodiché
mi offrì lo spinello. Rifece la
medesima operazione mettendone a punto
un secondo spinello per sé. Tolse dalla
borsetta l'accendino e diede fuoco alle
due paglie di marijuana.
Le prime boccate di fumo
consumarono la parte estrema degli
spinelli. Accostai il capo all'indietro
e godetti dell'effetto del fumo su di
me. Restammo a lungo a chiacchierare,
seduti sul divano, fumando e bevendo
birra.
Marilena, addolcita dagli
effetti del fumo, incominciò a
carezzarmi il viso sfiorandomi
delicatamente le sopracciglia. Da un po'
di tempo mantenevo la mano eclissata fra
le sue cosce sfiorandole la fica velata
dal minuscolo tessuto delle mutandine.
Era bagnata fradicia e le dita
naufragavano nella sostanza che le
colava dalla vagina. Cominciammo a
baciarci ficcando ognuno la parte
estrema della lingua nella bocca
dell'altro. Continuai a sfregare le dita
sul bocciolo del clitoride inumidendolo
con l'umore della fica per non
irritarlo. Marilena scoperchiò la patta
dei miei pantaloni e strinse il cazzo
nella mano. Lo scappellò rivoltando la
corona del prepuzio. La cappella,
stretta nella sua mano, assunse un
colore violaceo ed aumentò di volume.
Seduti uno accanto
all'altra ci masturbammo a vicenda
guardandoci negli occhi, accrescendo il
desiderio che albergava in noi di
scopare. Sospinsi il capo di Marilena
sulla cappella e lei cominciò a
scoparmi con la bocca.
Respirava a fatica dalle
narici senza mai distaccare la cappella
dalle labbra. Seguitò a spompinarmi a
lungo, fintanto che ci ritrovammo
coricati sul tappeto.
Le salii sopra e la montai
da dietro. Il buco del culo era quanto
di più stretto mi potesse riservare il
suo corpo. Cominciai a scoparla
introducendo la cappella nell'ano dopo
averlo inumidito con la saliva. Il
muscolo dello sfintere stringeva il
cazzo divinamente mentre la sodomizzavo.
Glielo infilai dentro fino alla radice,
piano, con calma, senza fretta. Rimasi
qualche istante fermo, poi tirai fuori
il cazzo e la penetrai di nuovo,
stavolta introducendo solo la cappella.
Seguitai a entrare e uscire dal suo
corpo mentre, carponi sul tappeto, prese
a gemere e lamentarsi per la sofferenza
che le procuravo penetrandola in quel
modo. Insensibile ai lamenti continuai a
scoparla fintanto che si divincolò e si
mise supina sul tappeto davanti a me.
Ambedue avevamo il corpo
imperlato di sudore. La serata era calda
e la stavo montando da un quarto d'ora
senza venire. Allargò le cosce e me lo
prese in mano mentre ero inginocchiato
davanti a lei pronto a penetrarla nella
fica. Passò la mano sopra la cappella e
l'accarezzò tradendo con l'espressione
del viso la voglia che aveva d'essere
scopata nella fessura fra le cosce.
Lo mise lei stessa dentro.
La fica non era stretta come il buco del
culo, ma s'impegnò a serrare la
muscolatura attorno al cazzo per trarne
godimento. Incominciò a sbattere la
testa da un lato all'altro del tappeto,
aggrappando le braccia attorno al mio
collo, sprigionando dalla bocca dei
gemiti di piacere. Non riuscii a
trattenermi e venni dentro di lei
lasciandola inappagata e in parte
delusa.
Scivolai verso il basso e
annusai la fica, poi cominciai a
leccarla colma com'era del mio sperma e
del suo umore. Marilena riprese ad
ansimare gemendo per il piacere che
sapevo trasmetterle leccandola in quel
modo. Avevo la bocca sommersa dal mio
sperma e del suo umore. Ripensai
all'uomo rimasto soffocato, mentre si
nutriva delle mutande commestibili
indossate dalla compagna, allarmato da
quella seppure remota eventualità
deglutii in fretta la materia che mi
riempiva la bocca, dopodiché cominciai
a succhiare il clitoride fintanto che Marilena fu
prossima all'orgasmo, allora le infilai
due dita nella fica e lei venne
scuotendo violentemente il bacino,
urlando di piacere.
Quella sera rimase per un
po' di tempo a dormire nel mio letto.
L'accompagnai a casa verso mezzanotte,
poi feci ritorno alla mia abitazione. Il
giorno dopo andai a lavorare com'ero
solito fare tutte le mattine.
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