|
A
CARNEVALE
OGNI SCHERZO VALE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Seduti
attorno a un tavolo, prospiciente la latteria
gestita da cinesi dove sono solita
soffermarmi, sono in attesa di una risposta
da parte tua che tarda ad arrivare.
Eppure non smetti di fissarmi con i tuoi
occhi da lupo mannaro. Mandi giù a
piccoli sorsi un intruglio di latte e
rum e non dici una parola. Avrei tanta
voglia di crepare, magari avvelenandomi
col gas, e tu nemmeno sembri
accorgertene.
Hai cominciato a mentirmi
dal giorno che ci ha fatti conoscere una
comune amica. Per molto tempo mi hai
fatto credere che il nostro incontro era
stato casuale, ma non lo è stato,
infatti, era da tempo che tampinavi
Laura affinché facilitasse la nostra
conoscenza. Dopo che la nostra comune
amica ci ha presentati la sera stessa ti
sei presentato al portone della mia
abitazione e hai suonato il campanello.
- Sono Marco - hai detto al
citofono. - Posso salire?
Ti sei installato sul sofà
e mi hai chiesto di servirti un caffè.
Il mattino seguente mi sono svegliata
nel mio letto ad ascoltare il tuo
respiro sul mio seno, senza rendermi
conto che ti avevo conosciuto soltanto
da poche ore.
In quella occasione, mentre
ti guardavo, mi sono chiesta se aveva un
senso tutto ciò, eppure non m'importava
granché. Mi hai mostrato di sapere
scopare meglio di qualunque altro
maschio con cui avevo fatto l'amore e
questo solo contava. E poi il tuo cazzo.
Accidenti! Il tuo cazzo!
L'amore è una bestia che
ci mette a nudo e ci lascia senza
difese. Con te mi sono svelata per
quella che realmente sono, manifestando la
parte di me stessa che evito di mostrare
agli uomini. Mi è sempre stato
difficile fidarmi di qualcuno sino in
fondo, mentre con te mi sono mostrata
come un libro aperto. Prima di
conoscerti non mi era mai capitato con
nessun uomo di rivelarmi come ho fatto
con te. Che stupida sono stata a
sciogliermi così.
- Beh, non dici niente? -
dico.
- E cosa dovrei dire? Tanto
non mi crederesti. - hai risposto disgiungendo le labbra dal bordo del
bicchiere mezzo pieno di latte.
- Il carnevale è un
periodo dell'anno in cui tutto è
concesso e ogni limite morale è
annullato, vero? E' questo che pensi?
- Se lo dici tu.
- Sono parecchi gli uomini
e le donne che per carnevale hanno
l'audacia di mettersi in maschere, tu
invece l'hai gettata la maschera. Ho
bene impresso nella memoria le parole
che hai pronunciato il giorno che mi hai
consegnato le chiavi della tua
abitazione: "E adesso che hai le
chiavi non dovrai più bussare".
Ricordo bene quelle parole, sai. Ieri
sera quando sono comparsa a casa tua e
ti ho trovato a letto che scopavi con
Claudia ti sei mostrato per quello che
sei. Uno stronzo!
- Ma...
- Un ipocrita, ecco quello
che sei.
- E' capitato e basta. E'
già finita. Ti amo, dovresti saperlo.
- Ah, sì? E io secondo te
cosa dovrei fare? Accettare i tuoi
tradimenti come una cosa
normale, vero?
- L'ho incontrata per caso
al veglione dove tu non hai voluto
accompagnarmi perché avevamo litigato.
Ho bevuto qualche birra di troppo e...
- E... te la sei portata
letto, eh!
- E' stata lei a circuirmi
e non ho saputo resisterle. Che altro
avrei potuto fare?
- E me lo chiedi?
- Ho sbagliato, lo so. A
volte succede che non capiamo quando
siamo felici stando vicino a una persona
e io lo sono quando sto con te.
- Che stronzo! - gli urlo
addosso.
Mi alzo dal tavolo dove
Marco mi ha raggiunto mentre facevo
colazione prima di recarmi al lavoro in
biblioteca.
- Ma dove vai?
- Al lavoro, che altro...
Tutt’a un tratto sto a
chiedermi se ne è valsa la pena
sottopormi ai tanti sacrifici estetici
cui mi sono costretta in questi mesi per
piacergli. Finalmente smetterò d'andare
in palestra tre volte alla settimana,
tralascerò di sottopormi a docce
abbronzanti e a tutti quegli inutili
massaggi agli oli aromatici che mi
incoraggiava a fare.
Mentre attraverso la strada, diretta alla sede della facoltà
di medicina, penso a tutte le donne che
per piacere agli uomini si costringono a
indossare abiti scomodi, scarpe con
tacchi da dodici centimetri, e poi a
quelle che si fanno spaccare il naso da
qualche chirurgo plastico, gonfiare il
seno e affamarsi per mantenersi in
linea. Mi è chiaro che noi donne ci
mettiamo troppo tempo a capire che non
ne vale la pena, specie se gli uomini
sono come Marco.
Nei corridoi della
biblioteca della facoltà di medicina e
chirurgia c'è assoluto silenzio. I
tavoli sistemati fra una scansia di
libri e l'altra sono occupati da
studenti. L'aria è stantia e sa di
muffa. Il soffitto delle stanze, con le
volte a doppia curvatura, conferisce
all'immobile, un tempo sede di un
monastero, un fascino particolare. Gli
spazi a disposizione degli studenti sono
migliori rispetto a quelli delle altre
biblioteche accademiche ubicate nel
perimetro della città universitaria.
Lo sgabuzzino adibito a
deposito del materiale per le pulizie è
in ombra. Una debole luce attraversa le
stecche della tapparella dell'unica
finestra e traccia sulla parete davanti
ai miei occhi dei disegni animati. China
su un tavolo, l'addome a contatto del
piano, le tette gonfie come meloni,
mantengo le gambe divaricate e le
braccia stese in avanti ad abbrancare
con le dita il bordo del legno. Ho il
capo per traverso, la guancia appoggiata
sul piano del tavolo e le mie labbra
spandono smorfie di piacere mentre lo
studente di medicina che sta in piedi,
dietro il mio fondo schiena, mi scopa e
ansima di piacere. Mantiene le mani
aggrappate attorno ai miei fianchi e con
quelle si aiuta spingere il cazzo fino
in fondo alla vagina sbattendomi ogni
volta le palle contro le chiappe.
Ho voglia di annullarmi.
Voglio rinascere a nuova vita dalle mie
ceneri certa di ritrovarmi più forte.
Devo dimenticare Marco, anche se sarà
difficile abituarmi a non sentire più
il profumo della sua pelle su di me.
Qualcuna delle mie amiche verrà a dirmi
che l’arrabbiatura passerà, lo so
benissimo, ma ci vorrà del tempo perché
accada.
Desidero tornare a vivere
senza limitarmi soltanto a esistere,
sperando che questo periodo sciagurato
passi in fretta. Non voglio pensare,
voglio annullarmi, e magari svegliarmi
tra una settimana sapendo che non
soffrirò più.
Lo studente che mi sta
montando da dietro nemmeno lo conosco.
Si è presentato non più tardi di dieci
minuti fa al bancone della biblioteca e
mi ha chiesto a prestito un atlante di
anatomia da consultare. In modo educato
gli ho fatto presente se potevo andargli
bene come atlante anatomico.
Scherzosamente mi ha detto che gli
sarebbe piaciuto scoparmi. Io ho
accettato la sua proposta sorprendendolo
non poco, poi gli ho detto di seguirmi.
E lui mi è venuto appresso.
Seguita ad affondare il
cazzo nella vagina sbattendo l'addome
contro il mio culo con rabbia. So che
non raggiungerò l'orgasmo, ma non è di
quello che ho necessità.
Dalla bocca gli esce un
rantolo di piacere. Sta per venire e le
gambe incominciano a tremargli. Si
accuccia col petto sulla mia schiena
mentre si sfila dalla fica. Sul collo
sono sfiorata dal suo alito caldo
fintanto che si acquieta e si tira su.
Mettendo piede in
biblioteca non gli era certo passato per
la mente l'idea di scoparsi una
bibliotecaria come me, eppure è
successo. Ancora stento a credere di
essere stata capace di fare del sesso
con un ragazzo che ha dieci anni meno
dei miei quarant’anni, e del tutto
estraneo al mio giro di conoscenze.
Dieci minuti dopo che il
ragazzo mi ha scopata sono seduta alla
mia postazione, dietro al bancone della
segreteria della biblioteca, a dare
informazioni agli studenti in cerca di
testi di medicina da consultare. Quando
col ragazzo ci siamo salutati mi ha
chiesto un appuntamento o in subordine
il numero del cellulare. Mi sono messa a
ridere e ho rifiutato, annullandolo. Ho
concluso il nostro incontro dicendogli
in faccia che era imbranato e non sapeva
scopare.
A metà mattina una
avvenente ragazza si avvicina alla mia
postazione di lavoro. Cammina con le
cuffie del walk-man appiccicate alle
orecchie e mastica in maniera sgraziata
un chewing-gum. E' uno schianto di
donna. Bionda, capelli lunghi a scendere
sulle spalle, tette sporgenti come palle
da bowling, alta più del normale,
indossa una camicetta corta che lascia
intravedere il foro dell'ombelico.
Davanti al bancone si ferma e mi chiede
se può accedere a una delle postazioni
internet in dotazione alla biblioteca.
La informo che sono tutt'e cinque
occupate da studenti e la prima delle
postazioni si libererà solo fra
mezz'ora. Lei fa una smorfia e mi volge
le spalle. Dinoccola il culo nel suo
incedere verso una delle stanze adibite
a consultazione di libri. Mi verrebbe
voglia di ficcarle il cazzo nel culo e
fracassarle le budella, ma non ce l'ho,
il cazzo, io.
Oggi vorrei seguitare a
dare la figa a chiunque me la chiede,
tanto per fare un dispetto a Marco,
invece dopo che ho scopato nello
sgabuzzino con lo studente mi sento
sporca, tanto sporca: questo e basta.
Alle quattro del
pomeriggio, quando esco dalla biblioteca
della Facoltà, trovo Marco ad
aspettarmi alla fermata del bus di
Strada Farini, dove sono solita
fermarmi. Lui mi vede e sorride. Chino
il capo e gli vado incontro felice.
di
ritrovarlo lì.
|
|
|